Amir, fra rap e didattica con Rap in Classe – Intervista

Amir è uscito da qualche giorno con il suo nuovo libro, Rap in Classe. Erano anni che volevo scambiare due chiacchiere con lui e finalmente ne ho avuto l’occasione. Le domande erano tantissime, ma mi sono trattenuta e mi sono concentrata sulle cose fondamentali.
Il libro, uscito per Erickson, è semplicemente meraviglioso. Ha un’estetica diversa rispetto al normale ed è il frutto di un enorme lavoro di ricerca.
Si tratta di un libro per le scuole, un manuale, ma assolutamente adatto a tutti. Consigliatissimo e più che utile anche per i lettori o gli appassionati che si stanno avvicinando oggi al rap e alla cultura hip hop.

Questa domanda avrei voluto fartela anni fa ma non ho mai avuto occasione. Come hai “scoperto” il “potere pedagogico” del rap?
Scoprire il potere pedagogico del rap è stato qualcosa di istintivo per me. Ho capito che tutto quello che avevo fatto prima, in passato, con il rap… quindi canzoni non solamente autocelebrative, che sono avvenute all’inizio della mia carriera per lo più, ma quelle magari che hanno fatto parte del periodo successivo in cui sono cresciuto anche come uomo.
Parlo di brani come Cinque del Mattino, Inossidabile, La mia pelle. Ecco, tutti quei brani per me sono stati come fare una seduta di psicoterapia. Mettermi davanti a un foglio o con il telefono, come si fa più recentemente, e scrivere testi in cui tiravo fuori le mie esperienze, guardavo in faccia i problemi che avevo, li mettevo in rima e li tiravo fuori è stato qualcosa che mi ha aiutato tantissimo.
È da li che ho scoperto questo potere. Trasmetterlo poi agli altri è diventata l’evoluzione del mio lavoro, da rapper a educatore. Però la scoperta è stata in modo istintivo perché è qualcosa che mi ha aiutato tantissimo, soprattutto da piccolo, e non avevo altri mezzi per tirare fuori queste esperienze ed esprimermi.
Questo non è il primo libro tuo o di altri che tocca il tema della didattica e del rap. Ma è sicuramente il primo libro in Italia ad essere stato strutturato in questa maniera. È interattivo, crea engagement, ha un layout davvero particolare. Come è nata l’idea di questo libro e della sua struttura?
L’idea di scrivere Rap in Classe è nata dopo la pubblicazione di Educazione Rap, uscito nel 2021 con Add Editore. Educazione Rap è un saggio, una sorta di diario di viaggio che racconta tutte le esperienze che ho avuto con il rap a livello didattico. Dopo un po’ di tempo che andavo nelle scuole a fare laboratori, sentivo che piano piano c’era la necessità proprio di uno strumento didattico sotto forma di manuale e non più solo un racconto.
Ogni volta che entravo in classe facevo degli esercizi e c’era interesse da parte dei docenti, e quindi, quando è arrivata la proposta di Erickson, è arrivata in un periodo in cui c’era anche da parte mia la volontà di farlo. Il rapporto con Erickson non è recente però. Il rapporto con questa casa editrice, che è specializzata proprio in questo tipo di libri scolastici, è nato nel 2019 quando Erickson inserì il testo di una mia canzone, Guerrieri, in un libro dal titolo Mondi Narrativi pubblicato nel 2019 da Rizzoli Education in collaborazione con Erickson.
Quindi avevamo già un po’ di rapporti. Diciamo che successivamente alla pubblicazione di Educazione Rap abbiamo cominciato un po’ a parlane e la proposta si è poi concretizzata in questo fantastico libro di cui sono molto orgoglioso e che sta iniziando a girare proprio in questo momento.

Considerando le sempre e più frequenti casistiche, hai mai pensato di dare vita a un prodotto che possa essere fruibile ed accessibile a un utente con neurodivergenze o disabilità?
Diciamo che nel libro Rap in Classe un primo passo è stato fatto nei confronti di ragazzi e ragazze e studenti che hanno neurodivergenze e disabilità ovviamente per tenere in considerazione la loro presenza nelle scuole.
Ad esempio, tutti gli esercizi che ci sono nel libro, a partire dal brano in cui ho sintetizzato un passaggio della Divina Commedia, l’incontro con Virgilio che ho fatto diventare una strofa rap, fino ad arrivare a Rap del Il 5 Maggio che è un testo di Manzoni in cui racconta la storia e la morte di Napoleone Bonaparte e anche Pitagorap, un esercizio in cui ho proprio sintetizzato il teorema di Pitagora che forse è l’apice in questo libro a livello di esercizi, fuori da quello che può essere il rap legato alla letteratura o alla poesia, arrivando quindi a toccare materie scientifiche, ecco … tutto questo è in una playlist di YouTube, si può quindi anche ascoltare.
Sono andato in studio insieme a Sinner The Sickest, un produttore giovane che vive qui a Bologna con cui sto collaborando spesso e abbiamo proprio realizzato dei brani, praticamente la colonna sonora del libro. C’è la parte coi testi e la parte musicale.
La delivery di Rap in Classe è davvero interessante.
L’estetica è un aspetto importante e volevo valorizzarlo. In tutto il libro ci sono anche foto. C’è stata una selezione accurata di immagini che partono dalle radici, come ad esempio Martin Luter King per capire il legame del rap con l’antirazzismo, passando per i Public Enemy, Dj Kool Herc parlando della nascita della cultura hip hop, c’è una foto di Queen Latifah nel capitolo Il Rap e le Donne di Leva57 fino ad arrivare a foto dei miei graffiti.
Questo per far capire anche tutto quello che c’è attorno al rap. Penso che l’apice, parlando di un libro per la scuola italiana, sia la foto della copertina di SXM dei Sangue Misto. Ho chiesto a Deemo di concedermi l’utilizzo della copertina di quel disco, pietra miliare dell’hip hop.
L’obiettivo era tramandare anche un po’ di quella che è stata la mia esperienza all’interno della cultura hip hop da quando ero bambino, nei primi anni ’90. Pensare che, oggi, possa esistere un libro per la scuola italiana scritto da me con la foto di SXM, uno dei dischi a cui sono più legato di rap italiano, per me è una grande soddisfazione.
Sessismo. Tematica già trattata nel libro Educazione Rap che hai pubblicato nel 2021 se non sbaglio. Al di là dell’eduzione nelle scuole e nella sensibilizzazione ai ragazzi, cosa si può fare a livello sociale per sradicare questa piaga? Insieme ovviamente al più generico problema della discriminazione?
Diciamo che una formula per sradicare nella società il sessismo non ce l’ho. Questo lo dico. Nel mio piccolo quello che posso fare è educare ragazzi e ragazze che incontro sull’utilizzo delle parole all’interno delle canzoni rap. Questo è il mio lavoro. Non sono un sociologo, sono un autore, sono un rapper e ad oggi, con orgoglio, sono un educatore.
Già avevo toccato questo tema nel libro Educazione Rap. In Rap in Classe ci tenevo tantissimo soprattutto a fare arrivare un messaggio che è quello di non imitare. Ci sono alcune parole che spesso ascoltiamo e ascolto anche io nelle canzoni di rap americano, ad esempio c’è la parola “bitch” che dicono sia stata sdoganata in Italia, ecco questa parola appartiene alla comunità soprattutto afroamericana in un contesto socioculturale totalmente diverso dal nostro.
Nel mio piccolo faccio questo, gli dico “dovete avere la vostra sensibilità e dovete voi scegliere il vostro linguaggio. Il rap è uno strumento ma non necessariamente per fare rap dovete atteggiarvi da duri o dovete usare le stesse parole che usano i rapper che ascoltate, soprattutto i rapper americani.” Quindi questo è già parte del mio lavoro.
Invece, parlando del tema discriminazione, come la discriminazione razziale, quello che mi interessa e quello che ho fatto nel libro, è far capire che non si può slegare il rap dalla cultura hip hop e dalle sue radici. Il rap, come ho spiegato nel libro, nasce comunque in un contesto difficile, quello del Bronx. No? Negli anni ’70 le minoranze vivevano in una situazione di estremo disagio ed emarginazione sociale. Questa musica ha dato voce ed è servito come riscatto sociale.
Non si può slegarlo da tutto questo. Ad esempio, ci sono dei testi di rapper anche italiani che a volte usano un linguaggio discriminatorio. Mi è capitato di sentire dei rapper italiani che usano la N word, una parola che non si dovrebbe nemmeno utilizzare. Questo nasce sempre per l’equivoco e l’approccio a volte superficiale a quello che è il linguaggio del rap.
Soprattutto, non si può fare rap per discriminare qualcuno, perché il rap viene dalla cultura hip hop e la cultura hip hop è fortemente inclusiva. L’hip hop valorizza la diversità, quindi non può esistere che tu fai rap e discrimini qualcuno con le tue canzoni. Questo è quello che cerco di fare arrivare ai ragazzi e alle ragazze.

Nel tuo nuovo libro, “Rap in Classe”, troviamo anche i contributi di Chiasmo e Leva57. Come mai proprio loro? Da cosa è dipesa la scelta?
Pensando ad un libro per le scuole in Italia che parla di rap non potevo non toccare questo argomento: il Rap e le donne. Questo è molto importante per far capire che nell’hip hop e nel rap le donne ci sono sempre state. Oggi, in Italia sono sempre di più, ma ce n’erano anche prima. Forse era una scena più piccola, ma soprattutto negli stati uniti è dall’inizio che ci sono donne nell’hip hop, nel rap, nel breaking, nel djing … ci sono sempre state.
Quando ho iniziato a pensare a questo capitolo del libro, mi è venuto istintivamente di mettermi da parte. Parlare di questo tema, io che sono uomo, non lo ritenevo una cosa corretta perché si crea quell’effetto degli uomini che devono dire alle donne come vestirsi, uomini che devono parlare dei problemi delle donne … Insomma, ho preferito chiedere a Leva57. Primo perché è una grande professionista ed esperta di cultura hip hop.
Poi per il nostro rapporto personale. Siamo amici e collaboriamo da tanti anni. In modo naturale mi è venuto di chiedere a lei una collaborazione. Sono molto contento di avere un suo contributo e la ringrazio infinitamente.
Quando ho iniziato a pensare al capitolo Freestyle debate, anche in questo caso ho preferito affidarlo a qualcuno esperto nel freestyle. Anche io, come molti rapper, mi sono cimentato in passato nel freestyle e nell’improvvisazione, ma non è la mia specialità. Il debate si fa già da tanti anni in Italia, è una sorta di dibattito fra due gruppi che scelgono uno una posizione favorevole e l’altra contraria.
Quando ho pensato di scrivere un capitolo in cui il freestyle può essere applicato al debate avevo conosciuto Chiasmo da poco, da qualche mese. Mi ero casualmente trovato a fare da giudice in una gara di freestyle a Reggio Emilia, ero li per fare un dibattito all’interno di un centro culturale e siamo rimasti in contatto. Lui quella sera aveva vinto la battle e, parlando, lui mi aveva raccontato che aveva da poco iniziato anche ad insegnare a scuola.
Quindi quando ho iniziato a pensare a questo capitolo del libro ho fatto 1 più 1. Lui è un campione di freestyle e in più insegna a scuola, era perfetto. Gliel’ho proposto, tra l’altro vive anche lui a Bologna. Sono molto felice del suo contributo. Il capitolo è scritto molto bene, è efficace e fa capire davvero quanto nel freestyle sia importante studiare le tecniche di improvvisazione e, come queste, possono anche essere applicate al dibattito.
Domanda un po’ noiosa e molto aperta. Tu credi che la didattica proposta oggi in Italia abbia delle pecche? Credi che un libro come il tuo possa portare un contributo diverso se si parla di valori e diritti?
L’Italia sta vivendo un forte momento di cambiamento a livello culturale, si sta evolvendo molto. Questo è strettamente legato anche ai figli degli immigrati. Rispetto a quando andavo io a scuola in cui eravamo veramente pochi, oggi, spesso, più della metà della classe ha studenti che sono figli di genitori stranieri che stanno nascendo e crescendo in questo paese.
Questo cambiamento culturale influenza vari aspetti: il linguaggio, la musica (basta pensare a quanti rapper di seconda generazione ci sono) e anche la scuola è in forte evoluzione e sta cambiando molto. In tutto questo anche la didattica, secondo me si deve adeguare a questo cambiamento.
Non penso che il mio libro possa salvare la scuola italiana, semplicemente penso che questo libro quando verrà utilizzato e adottato da un professore o una professoressa che non ha pregiudizi nei confronti di questo genere musicale, l’effetto, secondo me, sarà sorprendente. Funziona tantissimo perché è come parlare la lingua che parlano i ragazzi a scuola. È un linguaggio. Il rap in questo caso è un ponte generazionale.
Simbolicamente è come spostarsi dalla cattedra affianco a loro e parlare lo stesso linguaggio. Questo può avvenire solamente se si abbatte il pregiudizio. Se si va oltre allo stereotipo di associare il rap solamente a qualcosa di sbagliato, alla violenza, alla droga e al linguaggio sessista. Questo è il mio invito ad andare oltre lo stereotipo e capire il potenziale didattico ed educativo di questo genere musicale.
Ultima domanda. Un po’ più “gossip” rispetto alle altre. Altri progetti in cantiere? Magari musicali?
L’ultima cosa che tengo a dire è che questa mia nuova attività di autore e educatore non sostituisce quella da rapper, semplicemente affianca il mio percorso da rapper. Sto continuando sempre a scrivere musica.
Questo a livello creativo è il momento migliore da quando ho iniziato. Ho un altro lavoro, non faccio più il rap solamente legato al guadagno economico o alla competizione con altri. Lo sto facendo perché per me è una forma d’arte e una forma di espressione musicale.
Posso annunciare in anteprima che il 21 febbraio uscirà il mio nuovo album. Si chiama La prossima volta il fuoco e tre giorni dopo, il 24 febbraio, partirò per un tour negli Stati Uniti fino al 12 marzo. Celebrerò l’uscita del libro Rap in classe, l’uscita del disco e il decennale dei miei tour didattici nelle Università e nei college degli Stati Uniti che ho iniziato nel 2015. Questo tour del 2025 è anche la celebrazione di questo mio nuovo percorso.

Credito foto Amir : Fabio Ficara ( instagram: @imnotfah)