DJ Shocca riaccende le frequenze con 60 Hz

DJ Shocca. C’era una volta il fruscio del vinile, le drum machine che suonavano come battiti cardiaci e un’Italia hip hop ancora cruda, affamata, sotterranea. Era il 2004 e DJ Shocca, al secolo Roc Beats, pubblicava 60 Hz, un album che avrebbe lasciato un’impronta indelebile su tutta la scena nazionale.
Ventuno anni dopo, quel suono ritorna: 60 Hz II è finalmente realtà. Ma non è solo una celebrazione di ciò che è stato — è un atto di presenza nel presente, una dichiarazione forte e consapevole di cosa significhi fare hip hop oggi con radici profonde e visione nitida.
Il secondo capitolo non è un semplice revival. Non è nostalgia. 60 Hz II è una nuova tensione creativa, un passaggio di testimone tra generazioni che parlano linguaggi diversi ma battono sullo stesso BPM.
Dj Shocca non guarda indietro per inseguire un ricordo, ma per portarlo avanti, rinnovarlo, metterlo alla prova nel mondo attuale, dove il rap è cambiato, il mercato è cambiato, ma il bisogno di verità — musicale e culturale — è più urgente che mai.
Questa nuova uscita si muove con rispetto per la propria storia, ma anche con l’ambizione di superarla, intrecciando voci vecchie e nuove, ripensando produzioni, aggiornando suoni senza perdere l’anima. 60 Hz II arriva quindi come un evento raro: un sequel che non si appoggia alla leggenda, ma la sfida. E, sorprendentemente, regge il confronto.
L’anatomia di un classico
Per capire 60 Hz II bisogna tornare là dove tutto è cominciato. 60 Hz, uscito nel 2004, non era semplicemente un producer album. Era un punto di svolta. In un’epoca in cui il rap italiano si stava ancora definendo, cercando una propria identità autonoma rispetto ai modelli americani, Shocca offriva un’alternativa netta: un suono fatto di coerenza, rigore e visione. Niente compromessi pop, niente mode effimere — solo boom bap costruito su bassi rotondi, sample soul e jazzati, batterie calde e tagli chirurgici.
L’album era una dichiarazione politica quanto musicale. In un’Italia pre-streaming, 60 Hz girava in CD, vinile, su file scaricati da eMule, con le strofe dei Club Dogo, Bassi Maestro, Inoki, Esa, Franck Siciliano, Mistaman e tantissimi altri che diventavano mantra per una generazione di teste.
Ogni beat era riconoscibile, scolpito a mano: pochi suoni, ma ognuno al posto giusto. Nessun filler. Nessuna distrazione. Era un disco che si prendeva il tempo di costruire atmosfere e che richiedeva, a chi ascoltava, lo stesso tempo per essere compreso.
Ma soprattutto, 60 Hz è stato un disco “di scuola”: ha formato producer, ha ispirato rapper, ha definito un’etica del suono che ancora oggi si può riconoscere in molti dei nomi più rispettati della scena. È un album che non ha mai cercato il centro delle luci, e proprio per questo ha finito per diventare un riferimento per chi cerca profondità, coerenza e verità musicale.
E oggi? Oggi 60 Hz è considerato da molti un classico intoccabile, il tipo di album che non si rifà. Eppure, DJ Shocca ha deciso di metterci mano, di dialogare con la sua opera più iconica e restituirla al pubblico non come reliquia, ma come progetto vivo. 60 Hz II è quindi figlio di un’eredità importante, ma sceglie la strada più difficile: non vivere di riflesso, ma riscrivere le regole — ancora una volta.

Dj Shocca propone un sequel che parla al presente
60 Hz II non è solo un ritorno. È un’affermazione. È Dj Shocca che prende parola e dimostra che non ha mai perso il fuoco, anzi: oggi suona più nitido, più consapevole, più diretto che mai. L’attitudine è la stessa di allora — rigorosa, essenziale, militante nel senso più puro — ma i suoni sono filtrati da due decenni di esperienza, ascolti e perfezionismo.
I beats sono scolpiti con una cura maniacale: bassi profondi che avvolgono, batterie rotonde che colpiscono dritte allo sterno, sample soul e groove rivisitati con un gusto che non suona mai datato. Le produzioni sono asciutte ma complesse, minimali eppure vive. Nulla è lasciato al caso. C’è la lezione del passato, certo, ma anche la volontà di rimetterla in circolo, con nuovi codici e nuova energia. È boom bap, sì — ma con una sensibilità contemporanea che si sente tutta.
Il suono di Dj Shocca è ancora quello che ha segnato una scuola, ma qui non c’è nostalgia. C’è un’evoluzione fedele a sé stessa. Non si rincorre il trend: si mantiene la direzione. È il classico “suono Struggle” elevato, perfezionato, e portato all’oggi.
Le collaborazioni non sono semplici featuring, ma veri e propri incastri. Ogni MC — dal veterano al nome emergente — è trattato come un tassello fondamentale. Non c’è gerarchia di fama, solo un rispetto assoluto per il rap come linguaggio. Dj Shocca ascolta, calibra, costruisce su misura. Nessuno suona fuori posto, nessuno viene buttato dentro “perché sì”. Ogni voce trova il proprio spazio naturale in beats cuciti su misura.
60 Hz II riesce in una missione difficile: essere un disco d’autore ma anche corale, stratificato ma diretto, radicato ma non bloccato nel passato. È hip hop italiano nel suo senso più nobile: fatto con le mani, col cuore, con la testa. E soprattutto, fatto senza mai perdere la faccia.

“Sempre Grezzo II”: l’omaggio a Primo Brown
Tra i momenti più intensi del disco spicca sicuramente “Sempre Grezzo II”. In questa traccia, Dj Shocca rende omaggio a Primo Brown, facendo riecheggiare la sua voce al ritornello — un chiaro tributo a uno dei pilastri dell’hip hop italiano, scomparso anni fa. La presenza di Primo sul ritornello viene amplificata da scratch finali che costruiscono un ponte emozionale tra il suo lascito e il presente sonoro.
La scelta di posizionarlo proprio in “Sempre Grezzo II”, un brano potente dominato da Tormento ed Egreen, dà un significato profondo: celebrare l’autenticità e la grinta dello spirito underground, quello che Primo incarnava con forza. È un piccolo momento di raccoglimento dentro un progetto corale che non dimentica le proprie radici.

60 Hz II: scuole diverse, stessa lezione
“60 Hz II” non è un disco per tutti. E non vuole esserlo. Non cerca l’hype facile o scorciatoie per dominare le classifiche. È un progetto per chi ascolta con attenzione, per chi riconosce la cura nei dettagli, per chi apprezza la differenza tra un beat scolpito e un loop generico. Dj Shocca costruisce un ponte tra epoche, ma non per accomodare: lo fa per rilanciare.
Il rap è cambiato, certo, ma c’è ancora spazio per dischi che chiedono rispetto. 60 Hz II è uno di questi. Un album che non scende a compromessi e che, proprio per questo, merita un ascolto profondo. Per chi c’era allora. E per chi oggi vuole davvero capire da dove veniamo.