Ken Greed entra nel wormhole: il rap diventa un viaggio cosmico e interiore

Ken Greed è tornato — e non lo fa in punta di piedi. Dopo anni di silenzio e metamorfosi artistica, l’mc tarantino classe 2002 firma il suo primo EP ufficiale: “The Wormhole”, un progetto rap che attraversa spazio, tempo e coscienza. Sei tracce, sei universi interiori e una sola missione: trasformare il rap in un portale per evadere dalla realtà e affrontare i propri demoni.
Con beat cupi e cinematici prodotti da Alessandro Faraci, l’EP si presenta come un viaggio cosmico a metà tra filosofia, scienza e introspezione, dove ogni pezzo è una tappa nel wormhole della mente di Ken Greed. Tra riferimenti a Matrix, Orwell e la salute mentale, il disco di Ken Greed è molto più di un disco: è l’inizio di una nuova era artistica, lucida e distopica, ma profondamente umana. Un progetto che IlRappuso non poteva che proporvi.
Il titolo del tuo EP è “The Wormhole”. Ken Greed come nasce l’idea di coniugare concetti scientifici e cosmici con il rap?
L’idea di congiungere l’astratto, il cosmico e lo scientifico con il rap non nasce: è sempre esistita in me una tendenza a scrivere parlando all’anima. Tutto è stato molto spontaneo, venivo da un periodo non proprio roseo e ho deciso di buttarmi nel “buco nero” della mia mente per affrontare i miei demoni. In primis per riuscirci ho dovuto prima “ammazzare” il Corvo e successivamente ho liberato la mia mente da ogni pregiudizio e ogni confine possibile. Ho analizzato me stesso e la società senza pormi il problema di dover essere ascoltato o acclamato da qualcuno. L’ho fatto e basta.
In che modo i brani dell’EP rappresentano punti diversi della tua mente o del tuo vissuto?
L’ep può rappresentare entrambe. A seconda di come lo si voglia interpretare si possono cogliere nella scrittura 6 punti distinti della mia mente, come possono esser colti 6 punti distinti del mondo esterno. Il concept dietro questo progetto è stato quello di viaggiare attraverso il buco nero e di arrivare in 6 punti diversi dello spazio. Questo mi ha consentito la libertà di non dover per forza seguire un filo conduttore nella storia raccontata, ma di raccontare diverse sfumature di quel viaggio meta/fisico che risulta essere il mio disco.

L’EP ha un sound molto atmosferico e cupo. Che tipo di mood volevi trasmettere all’ascoltatore?
Le strumentali, per come le vivo io, sono il tappeto su cui scelgo di far sfilare le parole. Da qui, ne deriva una pura creazione musicale che accompagnasse l’ascoltatore nello spazio in un viaggio spazio-temporale al confine tra reale e irreale. Durante la costruzione delle strumentali poi è subentrato il background di Alessandro Faraci che, con la sua esperienza pregressa in campo techno, ha dato una svolta più confortevole per l’ascoltatore, trasmutando in qualcosa di aperto e vivo, un sistema che precedentemente era chiuso e fine a se stesso.
Hai detto che il disco è un “tentativo di evadere dalla realtà corrotta”. Quali aspetti della realtà senti più oppressivi oggi?
Sicuramente la libertà d’espressione dell’arte è uno degli aspetti che più mi preme sottolineare. Oggi, noi artisti, scriviamo tutti allo stesso modo e ci omologhiamo ad un’industria che, come un grande stregone, pare aver trovato la ricetta magica per guadagnarci sopra.
Il punto è che non esiste una ricetta per fare la musica. Quest’ultima la si vive in modo “caldo”, sentimentalmente, senza costrutti numerici o meramente matematici. La musica rende liberi proprio perché abbatte le barriere logiche, le barre rendono liberi perché possono spezzare la catena dei campi semantici, per ricrearne dei nuovi. L’arte è fatta per diseducare, per scomporre e ricomporre, non per essere un cagnolino ammaestrato che risponde al padrone quando gli fa più comodo.

In “Ardemonio” sembri affrontare dei demoni interiori. Che rapporto hai con la salute mentale e quanto conta per te parlarne nella musica?
La salute mentale ad oggi è un vero lusso, credo che non sia facile sopravvivere nella giungla che abbiamo attorno, ecco perché tengo molto a sottolineare quanto c’è il bisogno di lottare e lottare per resistere. Non è stato facile ritornare a fare musica in un mondo dove sembra che, senza un giusto compenso economico, nulla si possa fare. Ho accusato per molto tempo, in passato, i pregiudizi delle persone di provincia che con disgusto chiedevano: “ma quanto ci guadagni con ‘sta roba?”. Allo stesso modo per me è importante parlare di salute mentale, perché ogni ragazzo giovane, si possa sentir forte nel sentire il grido di rivolta di un loro coetaneo che, lontano da casa, continua a cercare il proprio posto nel mondo.
Dopo anni di silenzio, perché hai scelto proprio ora di tornare?
Ho scelto proprio di tornare in questo momento, perché avevo di nuovo voglia di far musica. Non importava il fatto che non ci fosse nessuno ad aspettarmi, sono felice quando scrivo ed era il momento di tornare ad essere felici. Analizzare le mie L’identità di Ken Greed è molto diversa da quella del tuo passato come “Corvo”.

Cos’è cambiato artisticamente e umanamente in Ken Greed?
Credo che, come mascherata, Ken Greed si distacchi dal “Corvo” per la maturità accumulata. Prima la scrittura era cupa e confusa, adesso, nella mia complessità, vedo la luce in fondo al tunnel e scrivo per cercare di afferrare quella fioca luce di verità.
Qual è stata la collaborazione con Alessandro Faraci in fase di produzione? Com’è nato il sound del progetto?
Alessandro, con la sua professionalità, mi ha preso e riportato totalmente in vita (musicalmente parlando). Mi ha assistito mentre tornavo a pieno regime e non mi ha mai giudicato per la mia scelta di essere “diverso”. Il sound del progetto è nato spontaneamente quando, la prima volta, ho portato in studio “Jupiter”. Ci siamo intesi subito e abbiamo vissuto il viaggio insieme.

Ci sono riferimenti cinematografici e filosofici nel tuo lavoro. Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Per questo progetto non c’è stata una precisa fonte. Film e Serie TV come Matrix e Dark, mi hanno sicuramente formato e improntato a viaggi più profondi. Ma ancor più determinanti sono state le mie letture. Approcciarsi al rap dopo aver letto libri come: ”1984”, “Fondazione”, “uno, nessuno e centomila”, “Io Robot” e “After Dark” cambia la prospettiva della scrittura. Ci sono tante fonti da cui attingo. La vita è, in tutte le sue sfaccettature, essa stessa motivo d’ispirazione e fonte di materie da trattare nelle mie canzoni.
Cosa c’è dopo il wormhole Ken Greed? Hai già pensato ai prossimi progetti?
Non so ancora bene cosa si celi dietro il mio ritorno alla realtà. Dopo questo viaggio so solo che Ken Greed è risorto dalle ceneri del Corvo, ed ha ancora la penna carica e pronta a sparare.
Per quello che verrà dopo ci vorrà modo, tempo e spazio. Ho già delle idee in mente, ho delle storie da raccontare. Queste storie sono molto più importanti anche delle mie storie. Ora, che posso essere voce di qualcosa di più che me stesso, devo scrivere per raccontare qualcosa di molto importante per tutti.