MrSeyo presenta “Volvera, Provincia di SouthRome” – Il vinile

MrSeyo, veterano del rap romano, torna con un progetto che fonde generazioni e territori: Volvera, Provincia di SouthRome.
Dopo il successo dell’album digitale del settembre 2024, il disco di MrSeyo arriva finalmente in formato vinile il 18 maggio 2025. Disponibile in edizione limitata su BandCamp e in selezionati punti vendita a Roma, Milano, Torino e Berlino, il vinile è un piccolo gioiello per collezionisti.
SouthRome Records, dopo anni, riprende la produzione di supporti fisici, con un vinile da 180 grammi, blu come il mare di Ostia, che racchiude le rime e i suoni di VPDS.
La grafica di MrSeyo, curata da M.Bod, che abbiamo intervistato qualche settimana fa, richiama gli elementi del disco e decostruisce le immagini che ne provengono, creando un’esperienza visiva unica.
Godetevi l’intervista e le meravigliose foto di Lara Bordoni.
“Volvera Provincia di SouthRome” è il risultato di un’intuizione fulminea. Che cosa ti ha spinto a realizzare un disco con così tanti artisti in un tempo così breve? È stata una sfida o una necessità?
Quando sono rientrato in Italia nel 2021, dopo 4 anni e mezzo spesi in Medio Oriente, grazie ad Ored sono entrato in contatto con Beatnetti, produttore, mc, writer ed istituzione di Volvera (TO), da quel momento ho stretto un legame speciale con lui, con Torino e la sua scena.
Legame che ha prodotto diversi brani e murate.
Durante una delle Jam organizzate da Ored al DaGiau ho visto questi giovani ragazzi di Volvera e nei loro occhi, nella loro voglia di esibirsi, nel loro senso di appartenenza ho rivisto il me ragazzo che con il resto del SouthRomeStylesognava di devastare i palchi di tutta Italia.
Capito che questi ragazzetti provenivano “dalle scuderie di Beatnetti” ho, pochi giorni dopo, chiamato Stefano e chiesto lui che senso potesse avere e che sensazione avrebbe suscitato in loro la mia proposta di fare un disco tutti assieme: “digli di venire in studio, porto dei beat che ho, tu ci metti dei tuoi beat, io ci metto l’idea, loro l’energia e il loro stile”.
Un paio di settimane dopo, un venerdì sera dopo aver guidato 700km, ci siamo trovati all’Heed Studio tutti insieme; ho spiegato ai ragazzi che volevo fare un disco Hip Hop, istintivo, senza troppi fronzoli e che portasse sullo stesso piano diverse generazioni, attitudini, luoghi e concetti, io avrei dato i titoli dei brani l’idea che questo viaggio portasse alla V-I-T-T-O-R-I-A intesa come affermazione del sé e non sconfitta dell’altro, ognuno doveva sentirsi libero di scrivere solo sui pezzi che sentiva suoi, la costante del disco sarebbe stata la mia presenza in tutti i brani…
Tornando al cuore della domanda: volevo fare un disco così da sempre, chiusi in studio a spronarsi a vicenda ad incastrare concetti e rime, una necessità la mia. La sfida è stato realizzarlo in un così breve tempo per farlo stare dentro ai ritmi della mia vita incasinata. Difatti dal venerdì alla domenica ho scritto e registrato tutte le mie strofe e ritornelli, i ragazzi invece si sono presi il loro tempo, ma nel giro di una settimana o due il disco era praticamente fatto.

MrSeyo disco collabori con MC emergenti e leggende come Maury B e DragWan. Quanto è importante per te questo passaggio del testimone tra generazioni? Pensi che oggi il rap italiano favorisca abbastanza questo dialogo?
Uno dei commenti che più ho apprezzato durante la realizzazione del disco, non ricordo chi lo ha fatto (forse Loué), è stato quanto fosse “potente” il fatto che io a 45 anni suonati fossi così infottato da passare le ore in studio con dei ragazzi così giovani…vedi per me è fondamentale aiutare le nuove generazioni, lo ho sempre fatto, dal mio punto di vista la scena nei secondi anni 2000 è implosa per via dei personalismi, per “artisti” con un po’ di seguito che non avevano voglia di aiutare i più giovani, condividere le conoscenze, le possibilità, le informazioni.
Questo atteggiamento tossico ha fatto sparire dai radar sancendo, per un periodo, una specie di letargo. Se ho o so qualcosa lo devo condividere con chi, arrivato dopo di me, deve poter arrivare più in alto di me!
Su Torino ho voluto fortemente Maury e Salvo (DragWan) per due principali ragioni: non vai a casa degli altri a fare un pezzo sulla loro città senza coinvolgerne gli iniziatori (avrei voluto coinvolgere anche più persone della “vecchia” ma gli impegni non si sono incastrati), in secondo luogo dovevo mettere sulla stessa traccia diverse generazioni di torinesi.
Una cosa che mi colpisce molto di tutte le micro-scene cittadine, nel mio viaggiare sono venuto a contatto con molte realtà, è il comune denominatore dell’orticello proprio e dell’invidia: sembra impossibile per persone con la stessa passione unirsi e creare assieme per il proprio territorio.
Ancora oggi nel Rap italiano sento esserci troppe distanze, però mi rincuora vedere che nel sottosuolo negli ultimi due/tre anni stiano nascendo anche tantissime sinergie. VPDS ne è una prova tangibile.

VPDS non è underground, è l’underground, dici. MrSeyo che cosa vuol dire per te oggi restare in quella dimensione e non rincorrere le logiche del mainstream?
Quando ero bambino, a fine anni Ottanta, sognavo di essere il primo italiano a giocare in NBA, poi ho realizzato che non sarebbe andata così (Cleveland firmò Rusconi nel 1995, forse è per quello che mi sono dedicato all’Hip Hop eheheh), però ho continuato ad allenarmi e ho giocato a buoni livelli, ora non gioco quasi più, ma la passione per il basket (lo sport in genere) c’è sempre; con il Rap la parabola è stata simile. Non mi sento da meno di altri perché non sono “arrivato”, mi piace la mia dimensione di underdog (come direbbe anche Ape), mi permette di vivermi questa enorme passione in libertà senza vincoli ne limiti, se non quelli che mi voglio porre da solo. In più ho prodotto quasi più musica negli ultimi 5 anni che nei precedenti 25…
La definizione di Underground in Italia è spesso stata vissuta come denigratoria, visto come il girone infernale di chi non ce l’ha fatta; in realtà nel 2025 l’Underground ha, per me, dei canoni specifici e chiaramente identificati che poco c’entrano con le logiche del mercato: argomenti che sono difficili da trattare nel mainstream, sonorità meno pop, strutture dei brani diverse, la presenza degli scratch, a questo si associa anche un’estetica visuale meno omologata e strategie di promozione con budget ridotti ma con molta più fantasia.
Nell’Underground c’è ancora il coraggio di fare le cose come si vuole e non come “si deve” per vendere.
Il mainstream sarebbe nulla senza l’entropia del sottosuolo.
Inoltre, con gli strumenti attuali e la maggiore accessibilità alle informazioni, si è anche molto ridotto il gap qualitativo di quello che esce dall’Underground rispetto al mercato dei big.
Ti racconto un aneddoto: anni fa, quando ancora esistevano i forum e le board, un noto sito rap italiano aveva una sezione notizie che prevedeva “Nuove Uscite” e “Artisti Emergenti”; ero uscito con il disco 6 Passi Oltre e ne pubblicai le informazioni (si, si poteva pubblicare direttamente le news) nella sezione “Nuove Uscite”. Un paio di giorni dopo tornai a vedere se qualcuno avesse commentato, ma non riuscivo a trovare da nessuna parte il thread. Senza pensarci troppo andai a dare un’occhiata in “Artisti Emergenti” per cercare qualche novità interessante e lì ti trovo il mio post con una sfilza di commenti che lamentavano l’ingiustizia di trovare il mio disco tra gli artisti emergenti…
Io non me l’ero presa, avevo capito che qualche moderatore, non conoscendomi, avesse ritenuto più opportuno spostare il mio disco tra gli emergenti, ma molti trovavano irrispettoso nei miei confronti questo trattamento. Il giorno dopo i gestori del sito hanno creato la sezione dedicata al “Rap Italiano Underground”…nel mio piccolo ho contribuito a inventarlo questo underground.

In un’epoca in cui contano streaming e numeri, cosa significa pubblicare un vinile limitato, curato nei dettagli, con una forte identità visiva? È una dichiarazione politica?
È un atto rivoluzionario! Una chiara dichiarazione di lucida follia.
Scherzi, ma nemmeno tanto, a parte a mio avviso sarebbe importante tornare a produrre supporti fisici con continuità. In parte sta già succedendo e ne sono contento.
Non fraintendermi anche io uso tantissimo le piattaforme di streaming quando sono in giro, ma ho sempre avuto l’impressione che avere tra le mani un disco, il booklet, la copertina, dove possibile i testi, ti immerga in un’esperienza completa ed avvolgente. L’ascolto è attento, senza skip, in ordine seguendo il viaggio che l’autore ha voluto intraprendere, portandoti a scoprire le molteplici sfaccettature dell’opera che stai “consumando”.
Inoltre c’è anche un messaggio politico come lo definisci tu: il vinile è il supporto per eccellenza, dura nel tempo, non si rovina particolarmente se trattato bene, non ti costringe ad una sovrapproduzione o a uno sfruttamento intensivo di risorse (in pochi pensano a cosa significhi tenere accesi h24 i server che fanno arrivare la musica ai nostri devices).
Una menzione speciale per M.Bod che ha trasposto la mia idea grafica di VPDS alla perfezione: guardi la copertina e vedi Ostia, la osservi più attentamente e noti le montagne, le Alpi di Volvera – Volvera è in provincia di SouthRome (Ostia) ma è Ostia stessa e viceversa.
Così sui centrini trovi i giardinetti del pontile di Ostia sul lato A mentre sul lato B hai l’outilne del VPDS dipinto in hall of fame a Volvera (opera di Dase, JoeB e mia).
Moltissimi stanno stampando o hanno stampato vinili negli ultimi anni, i costi sono ancora piuttosto alti, ma le tirature attuali sono ragionevoli; nel 2005 quando stampammo il doppio singolo “Questo Sono Io”/”Polmoni Aperti” la quantità minima realizzabile era 1000 copie…

Il disco è stato registrato a Volvera ma ha il cuore a Ostia. Che rapporto hai con questi due luoghi e come si riflettono nella musica e nella scrittura dell’album?
Fisicamente non vivo a Ostia dal 2011, ci torno regolarmente dal 2021, a Ostia ci sono le mie radici, la mia formazione di uomo, i miei genitori, i miei amici, le strade del quartiere le ho portate con me ovunque io sia stato. Mi fa rabbia vederla ridotta ad un dormitorio con le istituzioni capaci solo di reprimere e chiudere, togliere spazi di aggregazione ai giovani e la possibilità di esprimere le proprie inclinazioni e passioni.
Volvera è stata una sorpresa, così diversa da Ostia ma con problemi simili e persone con esperienze analoghe. Anche qui gli spazi sociali scarseggiano, eppure fiorisce il talento e la voglia di esprimersi.
Sono due luoghi che incarnano la resistenza di chi ha un Amore per qualcosa che lo identifica e spinge avanti.
In Ostia, il singolo che ha anticipato l’album, sul beat di Low P. puoi percepire proprio come Ostia sia casa mia ma al contempo un luogo/non luogo assimilabile a tutti gli altri posti dove i giovani hanno poche possibilità, tanto talento e voglia di emergere.
Ascoltando i brani queste sensazioni emergono: Volvera racconta la prima cinta di Torino che però, così come Ostia (da alcuni romani) viene vissuta avulsa da Roma, altrettanto sembra venir respinta lontano, Invincibili è la classifica posse track dove si esprime il proprio orgoglio e la propria capacità di sfidare tutte le situazioni, tipico atteggiamento di chi proviene dalle periferie, Torino è un’ode alla Black City ma, come dice Dragwan (che a Ostia viene ogni volta che può), “Torino è Ostia senza mare” riconoscendo a tal punto le analogie tra i due luoghi da identificarli, Trema accomuna tutte le scene parlando alle giovani generazioni, un invito a seguire le proprie inclinazioni e i propri sogni, di Ostia abbiamo già parlato, Rima ancora una volta parla di origini e di convinzioni con Slim Tonino che critica apertamente la società che ci affama per tenerci lontani dai nostri sogni e DjSnifta che scratcha le mie parole e quelle di Raekwon per mettere i puntini sulle i, Invisibile invece, introiettando le negatività e le positività della vita indica come spesso non siamo in grado di vedere quanto di bello effettivamente c’è intorno a noi, ma come abbiamo detto sia Volvera che Ostia ti insegnano ad essere rispettoso si, ma anche a non farti calpestare e nel ballo in maschera delle musica attuale noi entriamo con Arroganza sul beat di Ankope.
Il suono del disco è molto uniforme nel mood e nell’attitudine nonostante i 4 stili diversi tra loro dei producer, la scrittura a mio avviso è fluida e istintiva, spesso perché governata dalle sensazioni che si vogliono trasmettere piuttosto che da virtuosismi e tecnicismi (che comunque non mancano).
Per questo VPDS è un disco Hip Hop: è figlio dell’asfalto e della sabbia, del mare e delle montagne, ma non ha bisogno di ostentare violenza e criminalità per guadagnare street credibility.

Tra le voci presenti ci sono artisti giovanissimi. MrSeyo cosa hai imparato tu da loro in questo progetto? E cosa credi che loro abbiano colto dal tuo stile e dalla tua attitudine?
C’è sempre da imparare dai più giovani, imparo tantissimo dai miei due figli ogni volta che trascorro del tempo con loro. Bisogna saperli ascoltare i giovani, tentare di capirli e non giudicarli.
Paolì, Balbia e Loué, ma anche Slim Tonino che sono i ragazzi più giovani del gruppo, mi hanno mostrato la spensieratezza di non chiudersi in dogmi. Loro forse erano abituati a sonorità più moderne, ma non hanno avuto difficoltà a adattarsi al suono più “classico” del disco portandoci dentro il loro stile, stessa cosa fatta da Gheddi e Dase che sono una via di mezzo tra i giovanissimi e JoeB e me che invece siamo (io di più) gli anziani del disco.
Personalmente ho apprezzato il coraggio di non scoraggiarsi, la forza di mettersi in discussione così come anche la lucidità di affidarsi a chi ha più esperienza di te.
Cosa spero di aver trasmesso loro da parte mia? L’Amore che ho per questa cultura, la voglia di non mollare solo perché l’età avanza perché, se un qualcosa ci fa stare bene, non bisogna aver timore di farlo, anche se agli occhi di alcuni puoi sembrare un “patetico vecchio” che vuole fare il ragazzino.
Al contempo spero di aver dato loro degli strumenti tecnici in più e non solo a livello musicale: tutta la parte burocratica, il diritto d’autore, i distributori digitali, le ripartizioni dei proventi, la cura delle pagine artistiche; non basta sapere scrivere belle rime, si deve anche saper amministrare il proprio talento.
In giro ci sono tantissimi azzeccagarbugli pronti a vendere fumo e a rifilare sòle.
L’Hip-Hop come lo vivi e lo racconti tu è cultura, educazione e lotta. Cosa manca oggi alla scena per tornare a essere un movimento, più che un mercato?
Credo fermamente che, negli ultimi 30 anni, la politica filoamericana e imperialista abbia gradualmente smantellato la scuola e l’istruzione, appiattendo le coscienze delle nuove generazioni al solo scopo di renderli consumatori dei prodotti del mercato.
Questo si riflette nella Cultura Hip Hop: a partire dai primi anni 2000 più che mai dagli USA il messaggio era: guadagna soldi – spendi soldi. Una cultura misogina, violenta, povera nel linguaggio che faceva della sola realizzazione economica il fine ultimo degli MC.
La medesima parabola è stata seguita in Italia con la complicità delle case discografiche e dei media servi del capitalismo che hanno aiutato gli MC adepti del berlusconismo a scalare le classifiche. La cosa che mi fa sorridere amaramente è che spesso questi personaggi si credono di rottura solo perché odiano lo stato e la polizia, cha a dir loro li perseguita perché hanno scelto di delinquere, come se non facesse parte del gioco, in assenza di alternative ma in realtà sono ingranaggi e agenti dello stesso invisibile governo che avversano.
Non so se sarà possibile invertire del tutto la rotta ma, credo, che solo riportando la cultura e la crescita della propria personalità (chi sei, non quello che hai) unita ad una coscienza di classe, al centro della discussione e dell’arte si potrà migliorare una situazione di abbrutimento generale che sembra in costante deperimento.
Purtroppo ho la netta sensazione che, come nei romanzi distopici più classici, la maggioranza delle persone sia assuefatta alle nefandezze che ci accadono attorno quotidianamente, avendo svenduto la propria coscienze e la propria voglia di lottare per i propri diritti, sull’altare delle comodità e dei privilegi.

Cosa vuoi che rimanga a chi ascolta questo disco? È un grido, un viaggio, una terapia: che messaggio portano le tracce di VPDS dentro chi è in cerca di identità e comunità?
Vorrei che chi ascoltasse il disco percepisse che c’è sempre una scelta, che anche dalle peggiori situazioni ci si rialza, che nei posti più difficili si può crescere, elevarsi e rinnovarsi, che dalla notte più buia sorge l’alba più luminosa.
Che dalle proprie convinzioni e sicurezze nascono i successi, che non si misurano in guadagni ma in sorrisi e belle sensazioni.
Che il Rap è bellissimo quando comunica e che la realizzazione non la si trova nell’arrivare all’obiettivo ma nel compiere il viaggio per raggiungerlo.
Che questo viaggio è più bello quando lo si fa in compagnia e che non bisogna temere né lo scontro né il confronto.
Vorrei che si raggiungesse quella V-I-T-T-O-R-I-A che le iniziali dei titoli formano, ma non per la gloria temporanea, ma per sé stessi e per chi ci/si ama, in primis se stessi perché senza un equilibrio personale e il riconoscimento del proprio valore non è possibile rispettare gli altri e stabilire rapporti sani.