hawell, dalle strade di Palermo un EP crudo, sincero e pieno di cicatrici

hawell, pseudonimo di Vincenzo Abbate, è un classe 2004 cresciuto tra le vie di Sperone e Bonagia, due quartieri di Palermo che hanno forgiato il suo sguardo sul mondo e la sua penna.
Dopo anni di scrittura solitaria, sogni compressi e bozze lasciate in silenzio, oggi presenta Cento Vetrine, un EP che non è solo un progetto musicale ma una dichiarazione di identità.
Sette tracce per 17 minuti di rap sincero, registrato in un garage trasformato in studio interamente prodotto da LOBBY, che raccontano le mille facce di un ragazzo che ha scelto il microfono per restare in piedi.
hawell: ogni brano è uno specchio rotto. Ogni strofa, un riflesso.
l titolo può far pensare alla soap, ma Cento Vetrine è un’altra storia: ogni traccia è una vetrina diversa, uno squarcio su quello che si agita dentro hawell. C’è la tristezza trattenuta in Non Sai, l’eleganza soul di Dolce Anita, l’eco lontana di Kanye in Rondine. Le influenze sono lì – da Juice WRLD a J. Cole passando per The Weeknd – ma filtrate dalla polvere siciliana, dai pomeriggi senza futuro e dalle notti piene di pensieri.
E poi ci sono i featuring, a dare colore e spessore: Issel, Fulvio Nuvole, Limpido, Matteo Mirabile. Tutti con lo stesso obiettivo: raccontare qualcosa che brucia dentro, senza mai edulcorare.
Le ultime tre tracce di hawell sono un pugno allo stomaco: amore finito, parole non dette, emozioni scorticate. E lì, quando l’orgoglio si fa da parte, hawell tira fuori il meglio di sé.
Zero filtri, zero hype. Solo verità.
Nessun contratto, nessuna etichetta. Questo EP è fatto in casa, mixato e masterizzato da hawell stesso. Un progetto DIY che dimostra che, se hai qualcosa da dire, puoi farlo anche con pochi mezzi ma con tutta l’intensità del mondo. Niente tour per ora, ma una presenza online che punta al contatto umano: stories, merch, video lyrics.
È ancora presto per i dischi d’oro ovviamente, ma Cento Vetrine suona già come un’esplosione in sordina. Almeno per noi del Rappuso. Una di quelle che restano. Una promessa, sì. Ma anche una dichiarazione d’intenti.