Interviste

Intervista a Michael Sorriso per “Parole Sante” Ep

“Parole sante” è il nuovo EP del rapper torinese Michael Sorriso: un EP pieno di sostanza e sentimenti, in cui il rap è al centro del progetto, valorizzato dalla cura del flow, dalla qualità della scrittura e dal significato di alcuni versi. Nei testi emergono un tagliente spirito critico verso certe derive della musica e della società contemporanea ma anche una spiccata vena introspettiva, cosa che ci ha spinto a voler fare 4 chiacchiere con l’artista.

Come hai scelto il titolo “Parole Sante”? Ha un significato simbolico o rappresenta un tema centrale nel progetto?

Il titolo me lo ha suggerito l’artista visivo Woc, che ha ascoltato le tracce quando erano ancora provini. L’idea di fondo è stata quella di “sacralizzare” il progetto, elevandolo al di sopra del mero prodotto musicale, utilizzando una frase che oltre ad avere un significato profondo viene utilizzata principalmente come modo di dire per confermare delle verità assolute. A ogni traccia abbiamo accostato un santo e una sua immagine, presa da un libro di fine ottocento sulle vite dei Santi. Credo che la catarsi della scrittura sia quasi un’esperienza extrasensoriale e in questo EP ci sono vari frangenti in cui il classico nemico immaginario da rapper, viene identificato con “Dio”.

Non sono credente, ma sono affascinato dalla simbologia cristiana e dal fatto che l’arte si sia sviluppata esclusivamente al suo interno per qualche migliaio di anni.

Qual è stato il processo creativo dietro la realizzazione di “Parole Sante”? Da dove hai tratto ispirazione per la scrittura dei testi?

Alcuni testi erano già pronti o abbozzati sul blocco note del telefono e come ho sentito per la prima volta le strumentali di Luke Beats, ho iniziato a provarli e abbiamo registrato dei provini; qualche giorno dopo abbiamo selezionato quelli che ci piacevano maggiormente e li abbiamo portati a termine, mantenendo comunque nelle versioni finali l’intenzione “Freestyle” con cui erano nati. Solo un paio di tracce sono state scritte praticamente da zero.

Ascoltando questo Ep si nota subito quanto tu ti senta a tuo agio sia su beats classici che su quelli contemporanei. Hai avuto un coinvolgimento diretto nella produzione musicale? Sei solito “guidare” i produttori ai quali ti affidi?

È successo in passato che dessi delle indicazioni o suggerissi dei campioni o delle melodie da riprodurre, ma in questo caso mi sono affidato totalmente alla competenza di Luke Beats che parallelamente è anche un bassista formidabile, coadiuvati poi dalla visione di Frank Sativa. In questo caso è stato tutto molto semplice perché il mio gusto musicale e quello di Luke Beats coincidono perfettamente.

L’unico featuring dell’Ep è affidato ad un rapper del calibro di Willie Peyote. Come è nata la vostra collaborazione artistica?

Io e Willie ci siamo conosciuti alle finali del contest per autori “Genova per voi” del 2013, edizione in cui lui vinse. Da lì siamo diventati grandi amici e abbiamo collaborato su diverse tracce e in varie forme, confrontandoci e consigliandoci sempre sulle uscite di entrambi.  Come immaginario possiamo sembrare molto lontani, ma contenutisticamente abbiamo molte cose in comune. La nostra amicizia comunque prescinde dal nostro percorso musicale.

Nel brano “Pro e contro” racconti molti dei paradossi della nostra società, ma restando sul tema musicale, quali sono i pro e i contro dell’essere un rapper in Italia nel 2023?

Credo che a questa domanda ogni rapper possa dare una risposta diversa, a seconda del suo fatturato. Uno dei pro è sicuramente che il pubblico si è allargato a dismisura e il linguaggio del rap arriva finalmente a tutte le persone in età compresa tra i 15 e i 50 anni, cosa che fa pensare possa esserci un bacino di utenza disponibile anche per un rap meno stereotipato e più “underground”. Il contro è che per ora  questa cosa deve ancora realizzarsi del tutto.

C’è una traccia alla quale sei più legato? Puoi spiegarci il perché e come è nata?

La traccia a cui sono più legato è sicuramente “Paradosso”, forse la più personale che abbia mai scritto. Parte del testo è nata durante il lockdown, vissuto assieme a mia madre e al suo Alzheimer, qualche mese dopo la dipartita di mio padre.  Scriverla è stato un modo per “esorcizzare” il periodo più brutto e difficile della mia vita.

Credi che l’attuale situazione politica in Italia possa in qualche modo influenzare la musica in generale e il rap nello specifico?

Penso che il rap di figli di immigrati di seconda generazione sia inconsapevolmente carico di messaggi politici e abbia la forza di comunicare ai più giovani come in Francia, solo che a differenza dei nostri cugini d’oltralpe non abbiamo né quella coesione sociale né quella coscienza politica. Non ho visto grandi prese di posizione in momenti già abbastanza eclatanti, vedasi la nomina della presidente della commissione antimafia, quindi non mi aspetto che qualcuno diventi Gramsci di punto in bianco. I rapper fanno tutti i politici tra loro per featuring, classifica e hype, poi se parli di politica nei testi storcono il naso, pensano sia una roba da squatter o da Kento. La politica è molto più swag di quanto si pensi, ma è un mestiere per adulti e in questo genere se ne trovano col lanternino.

In “Parole Sante” c’ è un messaggio ben preciso che vorresti fosse colto dal pubblico?

Credo che “Parole Sante” possa essere definito un “elogio al fallimento”. Ci sono analisi e valutazioni di una persona di più di 30 anni, che sa cosa vuole ma non lo ha ancora raggiunto. Il messaggio di fondo è che è normale fallire, anzi fallire è l’unico preludio possibile al farcela.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Prenderai del tempo per goderti questo Ep e sei già pronto per ripartire?

Al momento sto scendendo in Cilento a scrivere un po’ di cose nuove, ma ho già parecchie cartucce registrate e pronte per essere lavorate. In primis però porterò “Parole Sante” in qualche bell’appuntamento live.

Chiuderemmo l’intervista con un tuo auspicio, magari qualcosa che ci faccia esclamare: PAROLE SANTE!

Vi lascio la preghiera che ho scritto per un santino, realizzato apposta per celebrare l’EP: “Sia santificato lo sforzo, la resa, il fallimento. Sia fatta la volontà altrui, gelida e senza pietas, dove l’unico arbitrio è la scelta tra soccombere o schiacciare. Nel nome di chi non ha nessuno, nel nome di chi non è nessuno. Quando non ci sarà più luce per i simulacri, quando non confonderemo i souvenirs con le reliquie. L’amore non basta alla vita, la bellezza sa essere violenta. Noi siamo qui per agire, con le facoltà di una nuvola, carichi d’acqua e sospinti da forze, opposte, cruente;  pronti a scontrarci, a cadere piangendo, convinti che ciò che soddisfa la terra rientri nei gusti sottili del cielo.”

Federico

Steek nasce in un piccolo paesino della Sardegna negli ’80 per poi emigrare con la valigia di cartone e una sfilza di dischi hip-hop nella capitale. Durante la seconda metà degli anni ’90 viene folgorato dalla cultura hip hop in tutte le sue forme e discipline, dapprima conoscendo il rap Made in USA, arrivando poi ad appassionarsi al rap Made in Italy grazie ad artisti storici, quali: Assalti Frontali, Otr, Colle der fomento, Sangue Misto e molti altri. Fondatore della page “Il Rappuso” che lo porta a collaborare con tutta la scena rap underground italiana, mette la sua voce e la sua esperienza al servizio di LOWER GROUND con la trasmissione che prende il nome dalla sua creatura “IL RAPPUSO”.

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