Interviste

A.M.E.N. : Intervista ad Oyoshe

Da venerdì 19 gennaio è disponibile su tutte le piattaforme digitali “A.M.E.N.”, il nuovo album di Oyoshe, rapper e producer napoletano. Il disco esce per due etichette indipendenti, Magma Music e Time 2 Rap ed è stato anticipato dai singoli “Txttxppxst” e “Bestia”.

“‘A.M.E.N.’ – racconta Oyoshe – vuole raccogliere quel ‘noi’ che nutre la necessità di rispecchiarsi in una musica che vuole emozionare e dare coraggio, in modo da poter dire ‘Ci Siamo’, in una società distratta in cui si va a smaltire sempre di più il contenuto per dare priorità ai risultati e alle statistiche. Ho messo tutto me stesso in un mix di emozioni, messaggi, e musica hip hop”.

Ciao Oyoshe, Txttxppxst? Partiamo dal titolo del tuo nuovo album: “A.M.E.N.” acronimo di “Al Mondo Esistiamo Noi”. Quale messaggio si cela dietro ad un titolo così d’impatto?

C’è un forte messaggio identitario. L’Album nasce in questi ultimi 4 anni, nei quali sono stato coinvolto in tanti progetti grazie alla mia versatilità nel campo artistico. Ma per questo lavoro, ho voluto forgiare oltre che la mia identità artistica, anche quella personale, e quale miglior modo per non mettere la propria storia, le proprie sensazioni su foglio, distinguendo il processo creativo per ‘’A.M.E.N.’’ da tutto quello che era il resto. Oltre la necessità personale, ovviamente c’è il motivo che porta avanti tutto questo lavoro da sempre: la passione per la cultura Hip Hop. Mi ritengo un attivista ormai più che un semplice fruitore o bboy, grazie anche allo sviluppo delle attività sociali che negli ultimi anni svolgo con la mia associazione. Tutto questo sicuramente non è conforme a quello che le grandi industrie o il mercato musicalmente oggi propone, quindi è come se mi sentissi in dovere oggi di creare un punto di riferimento per chi ha ancora bisogno di una musica pregna di significato e che generi anche un’azione sociale. Il ‘’noi’’ che racconto in quest’album è proprio chi come me si sbatte per qualcosa in cui crede, che pur non essendo obbligato, ogni giorno porta avanti la sua causa a tutti costi, con tutti i mezzi necessari. Mi auguro infatti di raccogliere i veri appassionati di Hip Hop, ma anche chi ha la percezione per qualcosa che vuole trasmettere un messaggio ben preciso a prescindere dal genere musicale; in un mondo fatto di statistiche e numeri, in cui le nuove generazioni tendono a  tagliare i ponti con l’esperienza per andare dritti al sodo e al ‘’consumare’’ anziché ‘’coltivare’’, esistiamo ancora noi che ascoltiamo gli album per intero, che facciamo la gavetta e i sacrifici per i sogni, e che soprattutto conosciamo le radici del nostro territorio, della nostra cultura e di quello che oggi portiamo avanti.

Hai sempre scelto di portare contenuti importatanti con la tua musica e questo disco ne è la conferma. Voglio lanciarti una provocazione: fare un disco così Hip Hop nel 2024 può essere rischioso?

Il ricordo primordiale che ho del mio primo approccio con la musica Hip Hop è la sensazione di esclusione da tutto il resto che vivevo ai tempi. Tutti erano appassionati di musica neomelodica, io vestivo largo e ascoltavo rappers americani. Tutti amavano giocare a pallone, io prediligevo lo skateboard. Insomma tutte le sfaccettature della cultura urban mi facevano differire da quelli che erano i trend locali, e di conseguenza mi faceva sentire speciale, un ricercatore. Sentivo di aver trovato qualcosa che mi dava una marcia in più e quindi dovevo approfondire. La cosa che mi è rimasta quindi, è proprio lo sfruttare l’hip hop come mezzo per differenziarsi, non essere conforme alla massa. Se ci pensi anche l’Hip Hop stesso si è evoluto così tanto da non riuscire ad essere stato sempre, nelle sue diverse sfaccettature, conforme nemmeno a sé stesso! L’Hip Hop mi ha insegnato questo. Nei suoi principi ci sono concetti di pace e uguaglianza, quindi di non giudizio verso il diverso. Io sento di aver scelto la musica e lo stile che più mi aiuta a stare bene con me stesso e con l’artista che sto sviluppando, perché per me la prima persona che deve sentirsi appagata alla fine della produzione un brano, sono io. Nulla è rischioso fin quando non lo metti in pratica, ma sicuramente essere sé stessi è una scelta coraggiosa, sopratutto oggi che l’hip hop, rispetto a prima, è molto più alla portata del mainstream. A modo mio, mi sono messo alla prova con degli standard diversi rispetto al mio solito. Produzioni più complesse derivate proprio dalle mie esperienze collaborative con musicisti anche affermati, da cui ho cercato di trarre parecchio. Al Mondo Esistiamo Noi significa anche questo. Dopo anni di beats ruvidi, mi sono messo alla prova con un album maggiormente melodico e suonato, pur mantenendo salda un’identità principale, ma che non si fa sopraffare dall’ego e quindi si mette alla prova anche in campi più lontani dalla zona di confort. Fare un disco Hip Hop oggi non è rischioso ma forse è raro, e se la musica è il riflesso della società che si racconta, eccomi qui a raccontare il mio ‘’noi’’.

In “A.M.E.N” hai scelto di collaborare con Speaker Cenzou, Livio Cori, Lucariello, Kiave, Luca Spenish, Drimer, Fabio Musta, Dj Snifta e il rapper americano Copywrite. Cosa ha fatto ricadere la tua scelta su questi nomi?

Mi sono reso conto durante il processo di creazione, che stavo lavorando ad un album importante.

Sia il contratto con le label, che le tracce featuring, nel primo anno di lavoro non erano ancora nel radar. Le collaborazioni sono iniziate a nascere quando avevo capito che ‘’A.M.E.N.’’ era a metà dell’opera, in modo tale da avere un racconto da condividere con gli artisti e i colleghi con cui collaborare, per farli entrare nel mio mood e riuscire ad abbracciare il tema dell’album.

I compaesani scelti, sono persone con le quale condivido cose importanti nella mia quotidianità come Lucariello con cui svolgo attività sociali, Dope One col quale sono continuamente coinvolto nel nostro progetto combo e Speaker Cenzou con cui c’è un rapporto fraterno che va avanti da una decade. Ho avuto il piacere di collaborare con Livio Cori, un talento della musica partenopea con cui non avevo ancora avuto occasione di fare musica, e come mio solito ho deciso di inserire un rapper americano. Negli states è molto difficile avere feedback e interesse se non per interessi legati alla componente quasi fondamentale, del business. Ho sempre seguito copywriter già da prima del 2010. È un artista che ha collaborato con Sean Price, Camu Tao (RIP) il Producer RJD2 e tanti altri. Condividendo la sua musica ci siamo trovati a parlare sui social, e mi ha detto che aveva origini siciliane. Ha apprezzato molto il mio lavoro come beatmaker con i rappers americani, e si è dimostrato subito disponibile a collaborare. Ho colto l’occasione per radunare Fabio Musta e Dope One (tra l’altro fan sfegatato di Copywrite) è ho messo su la traccia, tra l’altro tra le ultime prodotte verso la fine dei lavori del disco. Lucariello ha lasciato una strofa illegale, mi fermo qui, perché va ascolta e assorbita, che grazie al beat fenomenale di Spenish, sembra di fare una scesa all’inferno durante i minuti di ascolto. Dj Sniffa lo reputo tra i migliori Dj sulla scena. Lui prima di fare gli scratch a un brano, studia il testo e fa una ricerca approfondita nella discografia in generale per trovare il pezzo che più si sposi bene con la traccia. Quando collaboro con lui so che posso stare tranquillo che mi arriveranno degli scratch classici e impeccabili. Potrei dedicare parole per ogni persona e artista che ha speso il suo tempo per la creazione di A.M.E.N, dai rappers dalle barre di acciaio come Kiave e Drimer, con quest’ultimo mi sono ritrovato in studio a fare questo ping pong di rap in ‘’NUOVI OTIS REDDING’’ dopo un evento di freestyle svolto a Napoli, fino ai musicisti che hanno dato vita a tutte le mie idee musicali. Stesso discorso è stato su chi proporre l’album. Ho avuto differenti proposte, ma mi sono dato la possibilità di poter scegliere persone che potessero rappresentare e sentirsi rappresentate a pieno dalla mia musica e non solo dalle mie caratteristiche di mercato.

Quasi tutte le produzioni musicali dell’album sono curate da te. Qual è stato il processo creativo che ti ha permesso di raggiungere questo risultato e quali sono le sonorità che ti hanno condizionato durante le varie fasi di produzione?

Ho iniziato principalmente dalla penna. Per questo lavoro volevo rendermi il processo creativo più complesso, in modo tale da avere più soddisfazione una volta raggiunto l’obiettivo finale di concludere un brano. Sono partito principalmente dai ritornelli, per poi strutturare riff di piano, che si sono trasformati in composizioni anche di altri strumenti. Una delle prime tracce a dare vita a questo lavoro è stata ‘’par ‘e vulà’’. Ricordo che erano i primi periodi in cui si poteva uscire dal lockdown, e quindi colsi subito l’occasione per raggiungere Andres Balbucea dei Funkin Machine, A casa ho sperimentato e iniziato a progettare i miei brani in un modo totalmente nuovo. Quando la necessità di produrre più tracce è avanzata, o iniziato a scrivere su strumentali, o addirittura solo sui samples, immancabili nel mio processo di produzione. Una volta iniziato i miei primi provini al 4 Raw City Sound Studio, ho deciso di trasferirmi da altri Producer per provare ad arricchire questi brani, ed ho incontrato Alex Silvestri, giovane dj e Producer super talentuoso e Drew Trax che si è occupato della cura del suono. Tutte le produzioni ho cercato di trasformarle in strumentali vere e proprio, riproducendo suoni campionati con tastieristi, coriste, sassofonisti e chitarristi, tra cui Hellboy, giovane musicista conosciuto ai miei laboratori ‘’YOUTH SPACE’’ e con il quale ho prodotto una collaborazione con Saint e Clementino, ed Eduardo Cicciotti, altro giovane musicista che ha suonato alcune delle chitarre di A.M.E.N. E I Bassisti Marco Artiano, Giulio Gatto e Federico Palomba, che si è allargato anche su batterie e chitarre dando il suo contributo sulla direzione artistica di alcune tracce.

Ovviamente non manca qualche Oyobeats, completamente prodotto con le mie mani, e anche questo è stato un modo per lasciar notare la differenza tra un beat e una composizione strumentale, ad entrambi i lati ho voluto accentuare le virtù dell’uno e dell’altro.

Negli anni la tendenza musicale sembra portare gli artisti a rilasciare album con sempre meno tracce e generalmente molto brevi. La tua scelta per “A.M.E.N.” è ben diversa: 18 tracce piene zeppe di rime. Possiamo prenderlo come sintomo del fatto che avessi tanto da raccontare? E pensi di aver detto tutto ciò che ti eri preposto di comunicare?

È anche una provocazione. Il disco parla di un ‘’noi’’. Un noi di cui io stesso sono alla ricerca e voglio radunare, quindi quest’album è per i veri appassionati di musica, e coloro non conformi alle masse del momento con una bassa soglia di ascolto e che hanno bisogno di sapere che non sono soli.

Avendo lavorato più di 3 anni al disco, ho una cartella di unrelelased che va oltre i 50 brani, tra ritornelli e strofe, provini, e basi, potrei mettere su un altro disco o un bootleg, ma per l’album ho scelto quelli che riescono a raccontare tutto in un brano stesso, riuscendo così a spaziare tra un argomento e l’altro e cercando di raccontare quante più emozioni e storie possibili (dalla critica sociale, alle storie interpersonali, alle punchline e gli storytelling). Quando si fa musica e la si vive anche giornalmente, questo grazie al mio lavoro sociale che si basa sulla musica e sull’arte, riesci sempre a trovare quell’emozione che sa come raccontarsi tramite versi, melodie e produzioni. È anche terapia.

C’è una delle tracce che per te ha un significato particolare rispetto alle altre? Se si raccontaci le motivazioni.

Bestia è sicuramente un brano che mi ha fatto rendere conto di quanto sono maturato con la penna negli ultimi anni. Notavo io stesso la differenza con il mio progetto scritto e prodotto sulla striscia di Gaza durante l’esperienza GAZA IS ALIVE 2019. Un altro brano in cui racconto le impressioni della guerra e dei popoli occupati è ‘’Jahizi’’. Avendo scritto quel brano più a freddo, i giorni che stavo lì a Gaza, sento molto di più quella frenesia e quell’impatto di chi ha scritto di stomaco tutte quelle rime. Sia per il contenuto del testo, che per l’intenzione interpretativa e la metrica stessa (molto frenetica e volutamente disordinata rispetto al mio solito). Invece Bestia, cosi come tutti i brani del disco, è stato elaborato più volte, oltre che essere stato scritto dopo un’elaborazione personale dell’esperienza stessa e del conflitto che vive la Palestina. Lo reputo un brano chiaro e diretto come mai sono riuscito a scriverlo, e cosi come ho fatto con i miei lavori passati dove ho sentito di aver dato il meglio per quel periodo, al momento è un brano che cercherò di usare come riferimento per i miei lavori futuri dal punto di vista di scrittura e comunicazione.

Sono da sempre un grande estimatore del rap napoletano e non ho potuto fare a meno di notare che in questo disco hai scelto di rappare sia in dialetto che in italiano. Cosa fa scattare in te questo code switching?

A Napoli si parla in italiano, incredibile ma vero (ahah). A parte gli scherzi, credo di essere tra quei napoletani che ammette di pensare prettamente in Napoletano. Già dai tempi di Broke N Spuork in cui collaboravo con Dekasettimo, che reputo un rapper di Napoli tra i più bravi con il rap in italiano, reputo comunque una virtù avere entrambe le possibilità di linguaggio. Il Napoletano ormai si afferma sempre di più, oltre che come lingua ufficiale, come lingua foneticamente tra le più musicali, quindi perché non sfruttare tutte le risorse in quanto rapper italiano da Napoli? Iamm bell!

La tua costante attività in campo sociale, dai laboratori hip hop nelle carceri minorili alle scuole, ti ha portato a conoscere tanti ragazzi e ragazze molto giovani. Forte di queste esperienze credi che l’Hip Hop possa e debba essere ancora un mezzo di riscatto in una società nella quale tutti corrono dietro al numero delle visualizzazioni?

Assolutamente sì. Potessi raccontare con una telecamera quello che succede durante le nostre ore di laboratorio in carcere, avrei testimonianza di un qualcosa di incredibile: un processo che attiva una personalità intenta a fare cose come lo scrivere, in ragazzi che non hanno mai visto forse, un giorno di scuola, oppure un giovane disabile con difficoltà a parlare, riesce a leggere e cantare un testo. Come dicevo prima, parte della mia personalità, caratterialmente si sostiene molto grazie a quello che faccio, quindi è in primis per me una terapia, ha un effetto terapeutico il rap e il fare la musica su di me. È un processo che io stesso sperimento, e poi cerco di trasmettere durante i miei laboratori.

Un altro aneddoto di quando sono stato a Gaza.  I primi giorni di laboratorio nella scuola che abbiamo messo su li, avevo particolarmente individuato questo bambino sempre fermo e silenzioso che non parlava e risultava impassibile ad ogni emozione. Dopo giorni passate a fare musica, a far rappare tutti i giovani presenti, quel bambino si è sentito cosi coinvolto, che si avvicinava tutti i giorni durante le lezioni per darmi la mano e il pugno e fare yo, o cantare la strofa che tutti stavamo scrivendo e cantando in arabo! Questo per dire che anche un semplice richiamo di quello che si fa con l’hip hop, può dare energia per far nascere qualcosa dove c’è la carestia, come il bronx ai tempi di quando è nato l’hip hop.

Quali sono i feedback che stai ricevendo in questi primissimi giorni?

Nonostante lo shadowban di bestia dalle promozioni social, a causa del suo contenuto contro la guerra (se pur il testo non parla di fazioni politiche, religioni o quanto altro direttamente) ha comunque totalizzato piu di 20mila visualizzazioni in meno di un mese. Ora spetta al resto dell’album arrivare ai cuori delle persone. L’etichetta sta svolgendo un ottimo lavoro e di questo sono molto felice perché era quello che mi aspettavo dopo anni di gavetta indipendente.

Chiuderei l’intervista chiedendoti di lanciare un messaggio a coloro che stanno leggendo in questo momento, sicuramente ascoltando “A.M.E.N”.

Che al mondo esistiamo Noi.

Federico

Steek nasce in un piccolo paesino della Sardegna negli ’80 per poi emigrare con la valigia di cartone e una sfilza di dischi hip-hop nella capitale. Durante la seconda metà degli anni ’90 viene folgorato dalla cultura hip hop in tutte le sue forme e discipline, dapprima conoscendo il rap Made in USA, arrivando poi ad appassionarsi al rap Made in Italy grazie ad artisti storici, quali: Assalti Frontali, Otr, Colle der fomento, Sangue Misto e molti altri. Fondatore della page “Il Rappuso” che lo porta a collaborare con tutta la scena rap underground italiana, mette la sua voce e la sua esperienza al servizio di LOWER GROUND con la trasmissione che prende il nome dalla sua creatura “IL RAPPUSO”.

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