Rap italiano

Mexø,”tutto nasce dalle mie origini. Sono stato adottato all’età di 5anni dal Messico”

MEXØ, giovane trapper di La Spezia, pubblica oggi il singolo Solo, prodotto da Hyde Beats. Registrato e mixato da Jahcool, che ne ha curato anche la direzione artistica, presso gli studi di Trumen Records, il singolo è disponibile su tutte le maggiori piattaforme musicali distribuito da Artist First.

Seguendo la direzione artistica di MEXØ, artista originario di Guadalajara in Messico, figlio adottivo di una famiglia Italiana da quando aveva solo cinque anni, Jahcool ha saputo rendere il progetto fresco e moderno, guidando l’artista nel proprio sviluppo personale e stilistico.

MEXØ propone una ballad radiofonica trap moderna con sfumature e atmosfere tristi ed emozionali di cui ci parla in questa intervista.

Partiamo dal principio, dal tuo nome: MEXØ?

Il nome Mexø nasce dalle mie origini. Sono stato adottato all’età di cinque anni e sono originario del Messico. La musica che faccio rappresenta me, la mia vita e in un certo senso rappresenta anche le mie origini. Fin da subito ho pensato che il mio nome dovesse in qualche modo rappresentarmi.

Ma non solo rappresentare il “me” di oggi, volevo un nome che andasse a fondo, dalle origini. “Mex” è il posto da cui vengo io, il messico. E lo zero (Ø) spaccato rappresenta il mio punto di partenza. Una sorta di metafora del partire da zero. Il nome si pronuncia Mexø.

Sapevo che sei stato adottato quando eri piccolo. Posso chiederti come hai vissuto questa cosa?

Quando sono andato via non avevo ancora cinque anni e quindi ricordo solo i momenti più emotivamente rilevanti, impattanti diciamo. In Messico è tutta un’altra cultura, hanno delle usanze diverse dall’Europa quindi appena sono arrivato qui, i primi mesi, posso dirti che, sì, l’ho sentito molto, sia per me che per i miei fratelli.

All’inizio parlavamo solo messicano e quindi abbiamo dovuto imparare la lingua, i modi di fare e le usanze locali. Tutto da zero. Il primo anno è stato abbastanza tosto, ma alla fine essendo arrivato cosi giovane, tutto il mio processo di apprendimento è stato scorrevole e molto naturale.

Quindi te lo ricordi il tuo paese di origine? Vorresti tornarci?

Si, mi ricordo le cose più significative, i momenti più belli/brutti di quando ero in Messico. Essendo che sono stato dai due anni fino ai cinque in orfanotrofio le cose che mi ricordo di più sono i momenti li dentro. Molti momenti tristi, solitari ma anche belli come quando ci hanno adottati. Un bel ricordo è di quando ho provato a marinare l’asilo dell’orfanotrofio ma mi ha beccato la direttrice e invece di sgridarmi l’ho aiutata a portare del cibo nel capannone che usavamo come mensa.

Ricordo anche il momento in cui ci hanno adottato, nel 2005. Da quando sono stato adottato ci sono tornato una volta nel 2018 per cercare lavoro ma non ho trovato niente. La mi sono fatto i miei primi tatuaggi, 5 tatuaggi. Pagando in pesos spendevo meno euro di quelli che avrei speso in Italia per farmeli. Mi piacerebbe molto tornarci in futuro e magari lavorare la.

A livello musicale, per quanto riguarda la trap e il rap, segui la scena di la?

La verità è che sono sempre stato attirato di più dalla musica Latino Americana, mi sento molto più identificato. Essendo cresciuto qua in Italia da ragazzino però ascoltavo molto anche la musica italiana, quindi il mio modo di cantare è ovviamente influenzato da questo mix di Trap Argentino, Reggaeton di Puerto Rico, Rap italiano. Questo ha fatto si che ora ho uno stile tutto mio.

E poi oggi è uscito Solo.

Il brano parla di questa ragazza, una vecchia amica con la quale ho litigato e alla quale ho deciso di scrivere il brano. L’argomento principale è di come ho affrontato la cosa con lei, della nostra discussione, di come nello stesso periodo ho deciso di bere, fumare e stare sempre in giro. Il brano rappresenta la solitudine, la rabbia e tutto quello che succedeva in quel momento ma anche la speranza che tutto potesse tornare normale.

Il titolo doveva sintetizzare la sensazione che provavo. Il messaggio che volevo trasmettere è che tutto a volte può sembrare brutto, ma andando avanti, da soli, le cose migliorano sempre. Le cose accadono e solo tu puoi trovare la via d’uscita, abbattere tutto e ripartire da zero per ritrovare te stesso.

Tutto il disco è un po’ cosi. C’è una sorta di emotività che esce e che ti fa crescere. Una sorta di superamento del lutto, ma a modo mio.

Quindi stai lavorando anche a un disco?

Si, sto lavorando a un disco. Si chiama -262-, il numero civico della casa in cui vive la mia famiglia in Italia. Ogni brano ha un ritmo, un energia, un qualcosa di diverso ma comunque l’argomento principale che resta in tutti i sei pezzi è la diversità. C’è del reggaeton, del Punk, della trap. L’idea che potrebbe dare l’insieme del Disco, secondo me, è quello della ricerca nel proporre qualcosa di nuovo.

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