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CRLN:dopo gli insulti l’assurdo silenzio dei suoi colleghi

Dopo lo spiacevole episodio avvenuto durante l’apertura sul palco dell’Indiegeno Fest, niente proclami di solidarietà provenienti dai rapper per CRLN.

Purtroppo negli anni ho imparato a passare sopra alcuni “intercalare” che fanno parte della musica rap,  mi sono persino abituata a sentir parlare di donne come di oggetti, come arrampicatrici sociali che si spintonano per avere un pezzo di uomo, come corpi non pensanti e sono stata assuefatta da termini come “bitch”.

Oggi però, mi sento in qualche modo complice, con la mia tolleranza ho permesso ad un branco di fare a pezzi un’artista su un palco.

Parlo in prima persona, non perchè la mia opinione interessi a qualcuno, non perchè scrivo su un magazine, non perchè la mia voce possa contare più di altre: scrivo in prima persona perchè credo sia giusto che tutti: artisti, pubblico ed addetti ai lavori, facciano una riflessione interiore, penso sia doveroso per tutti ripensare a tutte quelle volte che abbiamo canticchiato una barra sessista senza sentirne lo squallore addosso.

Parlo in prima persona anche perchè nessun artista ha avuto il coraggio di aprire il vaso di pandora dal coperchio(anche se dalle crepe è ben visibile il marcio dentro); nemmeno Gemitaiz, artista al quale CRLN ha fatto apertura, si è sprecato a fare un post o una stories per mostrare solidarietà ad una ragazza che sul suo stesso palco ha subìto una violenza verbale inaccettabile; anzi, raggiunto da Rolling Stones ha glissato con un: “Si fa quel che si può”, alla domanda: “L’artista ha il dovere di educare il proprio pubblico al rispetto?”.

Parlo in prima persona anche perchè spero che la parola RESPECT, non diventi un contenitore privo di significato.

Sul palco l’artista impiega tutte le sue energie per far uscire il suo lavoro (spesso durato anni) e non è tollerabile che tutto questo venga rovinato da degli insulti che non hanno nulla a che vedere con la musica.

In futuro, diretti ad una performance che il pubblico non gradisce, mi auspico di sentire solo dei fischi, dei sanissimi fischi, non degli insulti sessisti, razzisti od omofobi.

Il rap è da sempre veicolo di battaglie sociali ed è disgustoso il fatto che non si spenda una mezza parola in più sulla misoginia che attanaglia il rap.
Si parla spesso di umanità, si blatera di aiuti, di un’intolleranza che non ha senso si esistere, del razzismo che è deplorevole, ma sulle donne c’è ancora un tabù: nel ventunesimo secolo non si può ancora parlare delle donne come umani.

Gli stessi artisti che dovrebbero “educare”, ignorano il tema (ovviamente non tutti, parlo della maggioranza) e mentre questi episodi vengono declassati a “non così drammatici”, noi donne facciamo la conta di tutte le molestie che giornalmente subiamo.

 

Leggi la replica di Gemitaiz QUI

 

 

 

 

V

V nasce a Roma e sin da bambina, quando si divertiva a scratchare con gli inconsapevoli vinili di Mina acquistati in gioventù dalla madre, capisce che il suo scopo nella vita è conoscere quanti più suoni possibili (oltre a quello di essere bannata dalle pagine Facebook della Lega ovviamente). Influenzata dalla scena raver dei primi anni 2000 ama il suono della cassa a 4/4 avvolta da un sub sinusoidale. Manager e co-founder de “Il Rappuso”, attualmente lavora come producer e dj.

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