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“1 Messaggio” da Icy Subzero.

Il primo ad inaugurare la bacheca sulle interviste al telefono è Matteo D’Alessio, in arte Icy Subzero, classe 1999. Romano, come piace a me, giovanissimo ma con tanti successi alle spalle.
Lo scorso 29 Settembre è uscito il suo ultimo singolo “1 Messaggio” (Columbia Records/Sony Music Italy) disponibile in tutte le principali piattaforme streaming e download.
Subzero non si definisce un rapper, le rime le conosce bene visto il suo background, ma lui ama i ritmi latini e tutto ciò che riesce a trasmettergli un’emozione. La sua voce al telefono mi è sembrata familiare, forse sarà stato il suo accento romano, non saprei… tant’è vero che, nonostante non vi sia stata una stretta di mano tra noi due, mi ha subito fatta sentire a mio agio!
Detto ciò vi lascio alla nostra chiacchierata.
Vi auguro una buona lettura e buon ascolto.

Per farti conoscere meglio dal pubblico de Il Rappuso:
volevo chiederti, per chi non ti conoscesse abbastanza, ti sei avvicinato alla musica che avevi 13 anni. Cosa ti ha affascinato così tanto da decidere di fare della musica la tua vita e il tuo lavoro?

Quello che hai detto è giusto, ma non del tutto, ovvero, mi sono avvicinato alla musica, per passione, a tredici anni, tra il 2012/2013. Inizialmente mi sembrava una cosa “per pochi eletti”, tipo un sogno talmente grande che non potevo permettermi. Era una roba che mi piaceva… era il sogno massimo, ma neanche ci pensavo. Poi, più avanti, verso i miei 17/18 anni ho incominciato a scrivere le prime cose, ma all’inizio le facevo esclusivamente per me, i fini non erano quelli di pubblicarli. C’è stato un passo alla volta: non mi interessava diffondere qualcosa alla gente o di fare della musica il mio lavoro. Nonostante ciò, con
il tempo tutto è cambiato e pian piano è diventata una cosa seria.

Quindi step by step… non avevi dato molta importanza alla cosa all’inizio. Ho letto alcune interviste tue nel quale dicevi che ti eri ufficialmente avvicinato “realmente” alla musica grazie al tuo produttore dell’epoca, Baudelaire.

Si, avevamo iniziato come delle vere rock star, dentro i box auto. Successivamente ho conosciuto Ayden, il mio produttore attuale, tutto il suono nuovo che poi abbiamo intrapreso è partito con lui. Prima ero molto più simile ad un rapper o ad un trapper, ma lo ripeto spesso: di base io non rappo.
La mia matrice è sicuramente rap, provengo da quello, l’ho sempre apprezzato, ma adesso sono proiettato verso le sonorità latine e non reggaeton, che sia chiaro!

Come mai la scelta di queste sonorità latine?

La verità? E’ l’unica roba che ascolto con piacere e che mi trasmette qualcosa. C’è una visione distorta della questione, perché il grande pubblico non è informato sul genere in questione e quindi percepisce
soltanto i contenuti virali, i tormentoni estivi; è anche vero che questo genere abbraccia molto il mood da
tormentone estivo: ci sono molti pezzi un po’ fini a se stessi. Del resto si ha un conoscenza sbagliata; la
musica latina ha dei pezzi micidiali, super introspettivi, scritti benissimo, che non necessariamente devono essere associati ai pezzi reggaeton, la somiglianza di sound confonde un po’.
1 messaggio, di base, è zero reggae ton, però la mia cultura (scrittura e sonorità) mira per quell’ideologia.

E’ interessante questa cosa. Ormai quando si parla di rap si tende a fare un miscuglio di generi: non so se è una scelta “mediatica” prettamente legata alle major, questo non l’ho ben capito, però ormai tutto è rap…

Ho già capito cosa vorresti dire. Secondo me è necessario. Se non contamini un po’… tu puoi scrivere
come ti pare, puoi rappare come ti pare, puoi fare quello che vuoi, ma resta il fatto che la minestra rimane
sempre quella. Se non vai “a mettere un qualcosa che la sporca in maniera positiva” rimane sempre la
stessa cosa ripetuta.
Ti faccio un esempio: Where she goes di Bad Bunny, hit incredibile, jazzy-drill, però, tuttavia, questo pezzo suona latino. I suoni che ha utilizzato non sono suoni tipici del jazzy-drill, hai capito? E’ proprio questo tipo di contaminazione che mi piace. Puoi fare quello che vuoi, però mantenendo un suono coerente che ti trattiene nel viaggio che vuoi avere.

Interessante questa cosa…
Ho imparato a conoscerti da poco, lo ammetto, sono una di quelle persone che predilige il rap,
soprattutto quello old school, o perlomeno, ascolto poca roba nuova. Sono veramente pochi gli artisti della nuova scena che mi hanno colpito.

A livello nazionale la penso come te: se ascolto la nuova “roba” che esce, più che per curiosità, è per
tenermi aggiornato. Proprio negli ultimi anni è veramente poca la musica che ho apprezzato, forse per
questo sono proiettato più sulla musica estera: non capendo i testi mi faccio travolgere maggiormente,
invece, se ascoltassi i testi italiani mi soffermerei sui lati tecnici, il modo in cui un artista chiude un’ipotetica rima o di come usa il timbro e tutte ste cazzate qua, no?!.

Si si, poi potrebbero influenzarti portandoti a paragonarti alla nuova scena. Non riusciresti facilmente a distinguerti per come meriti o per come pensi di meritare.
Ma quindi, quali sono questi artisti esteri che potrebbero aver influenzato la tua musica?

Sicuramente Rauw Alejandro; Bad Bunny anche lui giovanissimo, più piccolo di me, ha fatto successo
l’anno scorso. Entrambi fanno parte, in maniera diversa, di quella corrente che piace a me.
Poi, ovviamente, centomila esempi che fanno parte del mondo rap italiano e straniero che hanno
condizionato il mio percorso e che tuttora ricerco quando ho bisogno di ispirazione. Ad oggi, ti dico la
verità, se dovessi cercare un’ispirazione per i miei testi andrei a ripescare i primi dischi di Achille Lauro
quando faceva rap.

Oppure, Guè Pequeno e con lui altri mille nomi, ma nonostante questo mio fortissimo legame per i miei
primi ascolti, tendo sempre a spostarmi verso altre sonorità, quelle che ti dicevo prima.
E proprio per questo motivo che a molti seguaci del rap non vado proprio a genio, perché di base e,
giustamente direi, per l’età che ho, per le tematiche che tratto, per come mi vesto, per come mi atteggio,
per il mio immaginario, vengo sempre associato alla scena rap, ma in realtà, io rappo pochissimo.
Di conseguenza per un fan del rap è difficile seguirmi, non perché non potrei piacergli, ma perché mi
collegherebbe al genere.

Più che altro potrebbe avere difficoltà a comprenderti. Quello che cercavo di dirti prima: ci sono queste categorie diverse influenzate da altri generi e altre sonorità che vengono comunque catalogate come genere rap.

Io faccio urban, c’è una matrice rap, c’è un rimando di tanta altra roba però mi sto avvicinando ad un
altro genere con la consapevolezza che se devo rappare rappo, non è quello il problema. Per fortuna o per bravura i miei pezzi sono andati molto bene, quindi quel discorso che ti facevo poc’anzi, più che a livello mainstream è più per gli affezionati del genere e lo capisco.

Tutti questi numeri che hai fatto in pochissimi anni?

Sono ancora pochi! Ho avuto una fiammata iniziale che sembrava che fossi uscito da un uovo, dal nulla,
in realtà io a Roma ero già conosciuto come emergente. Quando sono passato da 2/300.000 ascolti,
prettamente romani, a farne 50.000.000 tutti si son chiesti “ma chi cazzo è questo mò??”. In realtà è stato tutto il frutto di un lavoro nel tempo che poi, ripeto, per fortuna o per bravura, mi ha portato a quello.
Sono tanti numeri… ma tu pensa che io ho fatto quei numeri senza che nessuno mi conoscesse partendo da zero. Adesso ho una piccola base e molta più consapevolezza su quali sono i miei obiettivi, capisci?
Proprio per un’esigenza naturale sento ancora di avere un potenziale inespresso da tirar fuori.

Ma dove vuoi arrivare?

Non lo so, ma sicuramente, non so dove ma so che ad oggi non sono ancora la versione migliore di me
stesso. Domani potrei fare miliardi di ascolti con un mio pezzo, ma se la percezione che ho di quel brano
non è fedele a “quello che avevo io nella mia testa” non sarei soddisfatto, capisci che intendo??

Assolutamente.

Claudia La Disagiata

Claudia Sciacca Aka La Disagiata, nasce a Catania sotto una buonissima stella del Leone. Cresce grazie al buon cibo siculo che le donano bellezza e cultura. Figlia di due medici, si occupa fin da piccola dei problemi altrui, dedicandosi ai rapper della propria città come una psicologa, perché “stanno malissimoh“. Si laurea all’accademia di Belle Arti di Brera grazie alla formidabile venerazione per tutti i santi che cita durante le giornate più dure. Vive a Milano con molta fatica perché fa diversi lavori, ma sicuramente non ha un lavoro serio. Scrive per ritrovare l’orgoglio smarrito” come Mària de Il divano scomodo di Maccio Capatonda.

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