IntervisteRap italiano

“ANDATA E RITORNO”: intervista a Gianni Bismarck

GIANNI BISMARK è fuori dal 15 dicembre con il suo nuovo lavoro discografico “ANDATA E RITORNO”.

Le 12 tracce del disco sono frutto di un lungo lavoro di analisi, scrittura e ricerca delle produzioni più giuste per accompagnare questo nuovo viaggio. Un prodotto che ci ha convinti a pieno e che consacra la maturità artistica dell’artista romano classe ’91.

Hai scelto di dividere questo disco in due lati: “L’andata” che, se non sbaglio, rappresenta ciò che il
pubblico deve ancora conoscere di te e “Il Ritorno”, che rappresenta il rap, il tuo lato più urban al quale ci hai abituati. Quello che vorrei chiederti è: questo disco rappresenta un passaggio di
testimone tra l’attuale e il nuovo Gianni Bismark o continuerai ad avere questa “dualità”? –concedimi il termine!

Entrambe le parti del disco mi rappresentano, come persona e musicalmente.
Ho deciso di dividere proprio fisicamente l’album in modo netto, appunto per far emergere tutte e due
le mie anime e per dare ad ognuna credibilità ed il giusto spazio.
Questa “dualità”, come dici tu, mi appartiene sicuramente e spero mi darà la possibilità di fare sempre
la musica che voglio e che sento.

La scelta del termine “andata” mi è chiara. Ma perché “il ritorno” considerando che “al rap ci hai già
abituati”?

“Ritorno” in realtà è inteso quasi come un throwback alle mie origini, ad un rap più grezzo e crudo che
non facevo da un po’ ma che è da dove sono partito. “Ritorno” non è un passo indietro, non è dimenticare chi sono ma è comunque il punto di partenza per tutta la mia musica.

Nel comunicato stampa del tuo disco, viene detto che non ti piace etichettarti. Come mai hai scelto di dividere le due parti di te, piuttosto che fonderle insieme creando un ibrido, un crossover senza
etichette?

Al di là delle etichette ho deciso di dividere in maniera netta le due parti perché già in tre album avevo
provato a mischiarle e creare una specie di ibrido. Per questo disco invece sia la parte rap che quella
cantata sono proprio nate come due cose separate, mi sembrava avessero ognuna una propria identità
che volevo mantenere e valorizzare.

Mi dici qualcosa del concept grafico? Cosa rappresenta la copertina nei colori e visivamente?

In tutti i miei progetti mi piace poter avere una visione completa, uno sguardo oltre la musica quindi ho cercato di mettere mano anche alla cover che, secondo me, è fighissima.
L’abbiamo scattata su una panchina di Tiburtina, ma avevamo girato un po’ di stazioni prima di trovare lo spot giusto. Anche la copertina rappresenta il concept di tutto il disco: è l’andata e il ritorno, un viaggio che non si sa se sia all’inizio o alla fine, l’arrivo o la partenza, l’attesa di un treno in corsa su cui saltare al volo o che perderò. In ogni caso è dove voglio essere.

Hai scelto di collaborare ad alcune tracce del disco con artisti molto affermati nel panorama musicale italiano: Noyz Narcos, Noemi, Bresh, Tiromancino e Alex Britti. Come hai scelto questi artisti? E qual è il loro filo conduttore, pur portando sonorità e generi differenti?

Ogni featuring di questo disco nasce da un rapporto di amicizia e di rispetto reciproco con tutti gli artisti
coinvolti, sia sul piano personale che musicale. Non c’è un vero e proprio filo conduttore, ma anche le
collaborazioni sono nate in modo molto spontaneo, con l’idea di fare musica e basta, così come ci veniva.
Ogni artista ha poi portato la sua identità e questo ha aggiunto molto all’intero album.

Avresti voluto inserire nel disco altri artisti?

No, almeno per questo disco non avrei aggiunto altri featuring. Più che altro perché non volevo fosse
un disco solo di collaborazioni buttate lì, ma volevo che ogni brano comunicasse qualcosa di preciso,
aggiungesse un di più. Secondo me in questo disco c’è l’equilibrio giusto con tante sfumature.

“La mia città” è un vero e proprio inno alla tua città, ovvero Roma. Quanto credi che l’essere nato nella capitale possa aver inciso sul tuo percorso artistico? Sarebbe stato lo stesso se fossi cresciuto a Milano, Treviso o in qualsiasi altra città oltre Roma? Cosa c’è di Romano in te?

Roma mi ha dato tutto da sempre e continua a darmi tanto. Anche le idee, la musica ed i tesi nascono
tutti lì, per questo dico sempre che senza Roma Gianni Bismark probabilmente non esisterebbe.
In questo disco poi finalmente sono riuscito a dedicarle anche un pezzo: “La mia città” è il racconto di
una vera e propria storia d’amore, Roma è la “ragazza” da cui non riesco a stare lontano, il richiamo di
casa che mi fa sempre tornare.

Nel futuro prossimo ti focalizzerai totalmente sulla promozione di questo disco o stai già iniziando a lavorare su nuovi progetti? Tendi più a goderti i progetti presenti o la tua natura ti spinge a ricercare subito una nuova ispirazione? Ti chiedo questo perché negli ultimi anni sei stato molto produttivo.

Di solito mi piace chiudere un capitolo e riiniziarne subito uno nuovo, ma questa volta sarà diverso; ho
intenzione di non affannarmi troppo, godermi il momento e la mia musica… anche live, presto ci
saranno novità!

In “Te famo scuola” dici “Scejite ‘n traguardo e vaje addosso come er peggior nemico”. Quale traguardo ti sei posto pensando a questo disco e più in generale alla tua carriera musicale?

L’obiettivo di questo disco, al di là del fatto che volevo andasse bene, era sicuramente andare verso
nuovi orizzonti musicali e, come dicevo prima, far vedere le mie due anime.
Per quanto riguarda la mia carriera musicale in generale invece non voglio pormi obiettivi troppo a
lungo termine, mi piace vivere le cose un po’ come vengono e cavalcare l’onda, assecondare quello che
sento e dove mi porta la mia musica.

Quanto conta il giudizio degli altri per te? La musica che fai è per te stesso, è come vuoi o è per
compiacere le logiche del mercato?

Il giudizio purtroppo conta sempre tanto nella vita in generale, però devo dire che con la musica riesco a non darci peso. Faccio sempre quello che voglio, come lo voglio e se un pezzo non mi piace
semplicemente non lo faccio uscire. La musica in primis la scrivo per me, poi spero sempre possa
comunicare qualcosa di importante a chi ascolta.

Federico

Steek nasce in un piccolo paesino della Sardegna negli ’80 per poi emigrare con la valigia di cartone e una sfilza di dischi hip-hop nella capitale. Durante la seconda metà degli anni ’90 viene folgorato dalla cultura hip hop in tutte le sue forme e discipline, dapprima conoscendo il rap Made in USA, arrivando poi ad appassionarsi al rap Made in Italy grazie ad artisti storici, quali: Assalti Frontali, Otr, Colle der fomento, Sangue Misto e molti altri. Fondatore della page “Il Rappuso” che lo porta a collaborare con tutta la scena rap underground italiana, mette la sua voce e la sua esperienza al servizio di LOWER GROUND con la trasmissione che prende il nome dalla sua creatura “IL RAPPUSO”.

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