Gabbo presenta “dJazz (volume 1)”: un incontro inedito tra jazz e hip hop

Gabbo ci guida in un affascinante viaggio musicale dove due mondi apparentemente lontani — il jazz e l’hip hop — si incontrano, dialogano e si trasformano in un linguaggio sonoro del tutto nuovo.
Con il suo ultimo lavoro, “dJazz (volume 1)”, Gabbo inaugura un percorso creativo ambizioso che supera la semplice fusione di generi, per dar vita a un equilibrio raffinato e originale, nel quale il basso diventa il cuore pulsante di una narrazione musicale profonda e coinvolgente.
Il progetto si distingue per la sua capacità di reinterpretare gli standard jazz più celebri, attraversandoli con groove incalzanti, scratch taglienti e arrangiamenti che lasciano spazio all’improvvisazione e al beatmaking.
Non mancano inoltre leggere atmosfere che richiamano alla bossa nova, donando ai brani un tocco di calore e sensualità che amplifica la ricchezza emotiva dell’intero lavoro.
A impreziosire questo universo sonoro è la presenza di ospiti d’eccezione, figure fondamentali della scena hip hop italiana come DJ Baro, DJ Craim, DJ Double S, DJ Myke e DJ Stile, insieme a musicisti di altissimo livello come Luca Frere, Vezeve e il leggendario jazzista Massimo Moriconi. Questa compagine di artisti, amici e colleghi, contribuisce a creare un dialogo sincero e vivace tra le culture musicali, celebrando insieme la storia e l’innovazione.
In questa intervista, Gabbo ci racconta com’è nato il desiderio di far convergere le sue due passioni — jazz e hip hop — e in che modo ha lavorato sul suo basso, strumento d’origine, per tessere un equilibrio sonoro unico e riconoscibile. Inoltre, svela il ruolo fondamentale della collaborazione con Rugbeats nella produzione e le dinamiche creative che hanno dato vita a un disco coerente, ma mai scontato.
“dJazz (volume 1)” non è solo un album, ma un manifesto di ricerca e sperimentazione, un invito ad ascoltare con calma, lasciarsi trasportare e riscoprire l’incredibile potenziale narrativo e emotivo di due culture che, pur nascendo in contesti diversi, trovano una sorprendente sintonia.
dJazz (volume 1)” è un ponte tra due mondi solo in apparenza distanti: jazz e hip hop. Com’è nato il desiderio di farli dialogare in un album intero, e cosa rappresenta per te questo incontro?
Il desiderio nasce in modo molto naturale, entrambi fanno parte della mia personalità musicale, diciamo che è bastato lasciarmi andare e tutto è nato senza pensarci troppo. Poi, racchiudere tutto ciò che amo, il basso, l’hip hop, il jazz e gli amici in un unico progetto musicale mi fa stare bene.
Gabbo, ogni brano dell’album è una reinterpretazione di uno standard jazz. Come hai scelto le tracce da lavorare e quali sono stati i criteri o le emozioni che ti hanno guidato nella selezione?
Sono brani che ascolto da sempre, probabilmente già prima di nascere, mio padre è un trombettista e un amante del jazz. Ad esempio, artisti come Miles Davis, Herbie Hancock e John Coltrane me li hanno fatti percepire come “Divinità” ed ascoltarli è sempre stato un viaggio pazzesco. Dopo anni e una maggiore consapevolezza, emozionano anche di più.

Il basso è il tuo linguaggio d’origine, ma qui diventa anche mediatore tra il groove del rap e la complessità del jazz. Gabbo, in che modo hai lavorato sul tuo strumento per costruire questo equilibrio sonoro?
Amo il basso profondamente, e spesso riesco ad esprimermi meglio mentre suono piuttosto che quando parlo. Quindi negli anni, per ampliare la mia capacità di espressione, ed essere così anche più libero, oltre a curare l’importantissimo ruolo per il quale è nato, cioè come strumento di accompagnamento, ho voluto valorizzarlo anche sotto l’aspetto armonico e solistico.
Credo sia importante però dosare tutti gli elementi e solo quando ci si riesce escono cose fighe, ma questo dipende un po’ dal gusto del musicista.
Da DJ Baro a DJ Craim, passando per Massimo Moriconi: hai coinvolto nomi pesanti della scena hip hop e jazz. Che tipo di energia hai trovato in questo ensemble e come ha influenzato il risultato finale?
Si, e aggiungo oltre ai nomi da te su citati anche Dj Stile, Dj Myke, Dj Double S, Vezeve e Luca Frere, tutti amici ed artisti che stimo molto e trovo pazzeschi.
Poi esatto Massimo Moriconi, una vera icona del Jazz mondiale che ha lavorato con tutti i big della musica e tanto per fare due nomi con Mina e Chet Baker.
Con tutti c’è stato uno scambio energetico enorme, ci siamo divertiti moltissimo, e il risultato finale è sicuramente l’insieme delle personalità artistiche, professionali e soprattutto umane di ognuno di noi.

Il disco ha una direzione sonora molto coerente ma mai prevedibile. Qual è stato il ruolo di Rugbeats nella produzione e in che modo tu e Squarta avete diviso i compiti?
Rugbeats è parte fondamentale di tutti i progetti “Gabbo”, io e mio fratello Squarta lavoriamo da quasi 20 anni insieme.
Quello che avviene per i miei progetti è molto simile a quello che avviene quando siamo coinvolti in altri, l’unica differenza è che, magari, nei miei sono più libero di mettere al centro dell’attenzione il mio basso, perché considero lui l’artista, e come dico sempre trovo Squarta oltre che un gigante della scena e un professionista micidiale, è una persona importantissima per me a livello umano.
In “dJazz” si percepisce una visione musicale ampia ma anche una forte componente emotiva. Gabbo, quanto c’è del tuo percorso personale – e magari anche familiare – dentro queste tracce?
Ora che mi ci fai pensare, molto, è vero. Come già accennavo prima, infatti, molte cose ho iniziato ad amarle fin da quando ero piccolo, poi le ho approfondite nel percorso di studi in cui Massimo Moriconi ha avuto un ruolo fondamentale, per poi riarrangiarle e risuonarle oggi, quindi si, hai colto in pieno :). Devo aggiungere che dJazz è stata l’ occasione per condividere tutto questo con i miei amici, perché oltre a Squarta, a tutti gli artisti coinvolti, c’è un team che ringrazio, la parte grafica è curata da Ibbanez, che è sempre pieno di proposte molto fighe, poi Culto Diskey e quindi Alessandro e Leo, Gianluca e tanti altri.

L’hip hop oggi è spesso legato a estetiche veloci e immediate. Con questo disco hai scelto di rallentare, esplorare, far respirare la musica. È anche una presa di posizione artistica rispetto al presente?
No, non ho assolutamente pensato a questo, anzi apprezzo molte cose dell’hip hop di oggi.
Probabilmente questo, essendo un progetto inusuale, trovandosi nel mezzo tra jazz e hip-hop (jazz-hop), ha altre dinamiche.
“dJazz (volume 1)” è il primo capitolo. Dobbiamo aspettarci un volume 2? Hai già in mente dove potrebbe evolvere questa fusione, magari con nuove influenze o sperimentazioni ancora più radicali?
Che dire, sicuramente ho tanti stimoli, mi diverte e mi fa stare bene fare musica, vuoi che ti svelo già tutto? Allora posso dirti che proprio oggi ho lavorato a qualcosa di nuovo, e poi hai detto bene (volume 1) quindi ….. hahaha