Interviste

“Self Made”: Intervista a Rico Mendossa

Il 26 Maggio è uscito Self Made, ultimo album del rapper Torinese Gabriele Stazzone in arte Rico Mendossa.
E’ un disco molto introspettivo, un vero e proprio “flusso di coscienza”, privo di leggi imposte dal mercato
musicale. Lo scopo di Rico in questo suo ultimo progetto, è quello di mettere al primo posto l’amore per
l’arte, ciò che nel profondo spinge un artista a “fare” senza porsi dei limiti dettati dai numeri in classifica.
Solo con la libertà e l’originalità si può dar vita a qualcosa di unico e di valore; in questo disco Rico prende una posizione nella scena Rap italiana, dissociandosi da tutto il resto. I prodotti musicali ormai suonano tutti uguali, si dà importanza a testi di poco valore, vantando tutto quello che, per moda o per altro, viene messo in primo piano nelle classifiche.
Self Made è letteralmente un Fai da te poetico, un flusso di coscienza, uno spaccato della vita personale
dell’artista e un punto di svolta che darà le basi a grandi progetti futuri.
Definirei Rico un vero e proprio rapper che, come i primi pionieri del rap italiano, ha come scopo quello di
voler dire qualcosa e di rappresentare la propria gente e tutti coloro che, come lui, hanno vissuto delle
esperienze reali sulla propria pelle senza pensare ai numeri e le views su You Tube. Quell’amore per la
musica e l’Hip Hop, quella voglia di fare musica per fare musica, con passione e sacrificio. Questo è quello che ci siamo detti, buona lettura.

Ciao Rico, come stai? Sei fresco fresco di disco, come sta andando? Hai in previsione un Tour in varie città?

Ciao Claudia! Bene grazie, a parer mio il disco sta andando molto bene e ti parlo di una risposta reale che ricevo dalle persone tutti i giorni in mezzo alla strada. Per quanto riguarda i numeri non saprei dirti perché ho deciso di allontanarmi da questo mondo, ci pensa il mio management. Il Tour è in fase di aggiornamento abbiamo fatto la prima data una decina di giorni e le prossime saranno comunicate a breve.

Self Made è un disco che vuole lanciare un messaggio quasi di avversità nei confronti del sistema musicale. Pensi che i meccanismi obbligati dal mercato portino ad una sorta di blocco per la creatività di un artista, prediligendo l’omologazione all’originalità.  Secondo questo criterio, mi viene in mente una domanda: un artista che vuole omologarsi ma vorrebbe comunque essere conosciuto e avere un seguito, come dovrebbe comportarsi secondo te?

Con costanza, dedizione e consapevolezza del fatto che è il percorso più difficile che una persona/artista possa prendere, quindi a parer mio pochi possono fare questo. Bisogna avere tanta fede e fiducia nei propri mezzi sapendo che ogni giorno è importante per migliorare. Ringraziare quello che si ha piuttosto che guardare quello che non si ha.

In Toc Toc esprimi il tuo disprezzo verso alcune pagine/testate giornalistiche e aggiungi “ogni riferimento non è per niente casuale”. Hai avuto qualche brutta esperienza con dei giornalisti che puoi/vuoi raccontarci?

Questo è frutto di un esperienza vissuta in prima persona. Quando sono stato al Nameless del 2022 mi sono esibito con tanta umiltà in un orario dove in un festival ci sono veramente poche persone (ore 15:00) ma con tanto rispetto verso il mio lavoro ci sono salito comunque e sono stato supportato da un centinaio di persone. Il giorno dopo leggendo l’articolo di Esse Magazine dove citava gli artisti che si sono esibiti non c’era il mio nome, questa per me è una mancanza di rispetto visto che a differenza di alcuni giornalisti che volevano fare gli artisti ma non ci sono riusciti io mi reputo un artista con tanto di palle pur non essendo un big. Il mio nome andava citato. Questa è solo uno dei tanti problemi che a parer mio ci sono nel sistema dove è tutto calcolato in cifre numeri e classifiche.

Mi è piaciuto molto sentirti dire in un pezzo che bisogna essere la versione migliore di se stessi; qual è la versione migliore di te stesso?

Quella di domani.

Con la tua musica rappresenti le strade della tua città, Torino, ovvero. Infatti De rua, il nome del tuo team, in portoghese significa “di strada”. Quanto ti senti realmente il portavoce di una realtà così complessa?

Mi sento al 100% il rappresentante di questa realtà. Quello che più di tutti si è sbattuto per far si che ci sia un movimento; sono uno dei pochi che ha portato veri Artisti con la A maiuscola nella città riuscendo anche a collaborarci, sono l’unico che continua a credere nei progetti sociali per far si che anche i più giovani abbiano possibilità diverse da quelle che abbiamo avuto noi con magari dei consigli verso una crescita personale.

C’è un brano all’interno dell’ultimo disco, o in generale, al quale sei più legato?

Sicuramente “VIZI” perché per quanto mi riguarda è un testo molto intelligente. Non sono solito a scrivere brani pensati per tutti ma quel testo credo veramente che possa toccare qualsiasi persona.

Qual è stata finora la soddisfazione più grande e gratificante che hai ricevuto dal mondo della musica?

Sicuramente realizzare quello che ho sempre pensato ed immaginato, quando realizzi qualcosa che immagini credo sia la soddisfazione più grande che tu possa ricevere.

Nella descrizione del disco hai detto che Self made è un flusso di coscienza, quindi una libera rappresentazione dei pensieri che non contengono una logica, buttati di getto su un foglio, successivamente espressi in musica. In più hai aggiunto: “Il risultato è un disco fatto alla vecchia maniera, come era agli inizi, quando facevi musica per la musica”. Questa cosa l’ho apprezzata molto, ho anche capito che sei reduce da un periodo piuttosto pesante.  Questo modo di fare musica per la musica tramite il flusso di coscienza ti ha un po’ aiutato a superare questo periodo buio?

Assolutamente si, è stata la mia terapia perché dopo un anno che stavo scontando la pena inizia a farsi sentire il peso della situazione. Sentivo il bisogno di tornare libero e non potendo uscire, viaggiare, frequentare persone, ho decido di farlo attraverso quello che penso sappia fare, quindi l’ho fatto attraverso questo disco che mi ha reso libero piu di un volta e mi ha accompagnato fino alla fine. Un’esperienza stra positiva.

I tuoi testi sono molto belli e pieni di argomenti delicati;  ti ascoltano parecchi giovani e la cosa mi fa molto piacere, perché sei una persona che ha imparato tanto dagli errori del passato e ne sei uscito vincitore.  A differenza di alcuni rapper non promuovi la criminalità, anzi, tutto il contrario. Secondo te perché certa gente vive determinate esperienze negative come un vanto sapendo che dall’altro lato ci sono delle menti fresche che ascoltano e sono ancora troppo giovani per capire cosa è giusto per se stessi?

Semplicemente perché questo fa parte dell’ omologazione, nel senso che questo non succede solo nella musica, l’ Italia è un po’ mediocre in questo. Tutti puntano a fare il massimo di qualcosa che fanno già gli altri. Questo ha fatto si che questo tipo di musica un po’ criminale sia il mainstream e quindi come sempre tutti si mettono dietro a farlo. La verità è che ad una certa età diventano anche futili da raccontare queste cose quindi il mio consiglio è di raccontare ciò che si vive e cercare di trasformare le situazione negative in positive e non il contrario.

Intanto ti ringrazio per aver fatto parte a questa intervista, per quanto riguarda il futuro? Che progetti hai?

Ne ho tanti, ne ho tanti…3 in particolare però:

Aprire un etichetta

Fare singoli motivazionali

Diventare un mental coach.

In bocca al lupo per tutto! A presto

Claudia La Disagiata

Claudia Sciacca Aka La Disagiata, nasce a Catania sotto una buonissima stella del Leone. Cresce grazie al buon cibo siculo che le donano bellezza e cultura. Figlia di due medici, si occupa fin da piccola dei problemi altrui, dedicandosi ai rapper della propria città come una psicologa, perché “stanno malissimoh“. Si laurea all’accademia di Belle Arti di Brera grazie alla formidabile venerazione per tutti i santi che cita durante le giornate più dure. Vive a Milano con molta fatica perché fa diversi lavori, ma sicuramente non ha un lavoro serio. Scrive per ritrovare l’orgoglio smarrito” come Mària de Il divano scomodo di Maccio Capatonda.

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