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Romandergound, “con Palingenesi abbiamo cambiato linguaggio, contenuti, metriche” – Intervista

Palingenesi, uscito la settimana scorsa per Music Against the Walls, è il titolo del nuovo album del gruppo Romanderground, che, a distanza di cinque anni dal loro ultimo album, pubblicano un disco lavorato a dieci mani. Oltre a quelle dei membri del trio, si sommano quelle di Squarta e Gabbo (Cor Veleno) che hanno curato tutte le produzioni musicali. In questa intervista ho cercato di sapere un pò di più sul progetto, sulla scelta del titolo e del concept e su cosa hanno fatto in questi anni. Buona lettura.

Amor&Odio, il vostro primo disco ufficiale, è uscito nel 2017. Poi?

Mister T: Amor&Odio per noi è stato un album molto importante e allo stesso tempo impegnativo.Nel primo anno e mezzo dall’uscita lo abbiamo suonato live in più di 22 città e località Italiane, tutto da indipendenti, il che come puoi immaginare, vuol dire anche il triplo della fatica. Le energie e le soddisfazioni con cui quel disco ci ha ripagati, sono state tali da portarci subito a voler progettare e scrivere un nuovo album. Perché così tanti anni? Potrei dirti “la pandemia”, ma la verità è che tutto il tempo trascorso, pandemia compresa, è stato necessario per realizzare come evolvere nella nostra dimensione musicale. Abbiamo cercato di capire come continuare a fare musica, evitando di tornare sulla scena con un Amor&Odio parte 2 ma con un prodotto che rappresentasse a pieno la nostra evoluzione e rispondesse alle nostre esigenze umane e artistiche. Palingenesi è la sintesi perfetta di questa ricerca.

Palingenesi: cosa dice il titolo del progetto?

Prisma: In una parola, palingenesi, significa rinascita. In realtà, il termine mi fu trasmesso per la prima volta al liceo, durante una lezione di storia. Il professore parlò di “Palingenesi Augustea”: il periodo dell’impero romano in cui Ottaviano Augusto, il primo imperatore di Roma, si fece portatore di un lungo periodo di pace e di promozione dell’arte, il primo nella storia dell’impero.

L’idea della fine della guerra in favore dell’arte, come rigenerazione del popolo e della cultura mi colpì tantissimo. Era qualcosa in cui, in qualche modo, mi rispecchiavo.

Con il termine “palingenesi”, viene definito anche un certo ritorno alla “consapevolezza” che ognuno di noi può sperimentare: un risveglio che è possibile vivere sia in chiave spirituale che in chiave psicologica.

È sempre molto difficile parlare di spiritualità, perché penso sia qualcosa di davvero personale, intimo e riservato e soprattutto qualcosa che, se descritto soltanto a parole, può perdere di significato.

Credo, però, in un punto di incontro tra ciò che è un’evoluzione spirituale e ciò che è una crescita mentale. La domanda di base rimane sempre quella: “in cosa credo?”

A qualsiasi livello, quando mi trovo in un momento di grande difficoltà, un momento davvero buio, è proprio quello in cui credo che mi porta a superarlo o meno. Se non credessi in nulla, probabilmente, rimarrei nel buio.

Copertina del disco

Cosa vi ha portato a una “rinascita”, a quella che il professore aveva definito una Palingenesi Augustea?

Prisma: Sostanzialmente, avevamo voglia di raccontare qualcosa di diverso e che potesse entrare in maniera trasversale nella scena.

Abbiamo cambiato linguaggio, contenuti, metriche – e soprattutto – abbiamo deciso di scrivere in maniera più personale, per cercare di creare qualcosa che potesse essere davvero originale e che potesse lasciare un messaggio potente.

La base di partenza di tutto questo, è stato l’interesse in comune che ho con mio fratello per le dinamiche spirituali e psicologiche.

Abbiamo deciso di parlarne sul disco e di farlo in maniera tale, da poter rendere più “digeribile” e fruibile l’ascolto di certi argomenti.

Arpanet e I Sentieri del CAI sono stati i singoli che hanno anticipato il disco.

Mister T: Arpanet e i Sentieri del CAI sono due brani molto diversi tra loro. Diversi nelle sonorità e nei contenuti, ma estremamente connessi tra di loro.

Arpanet il primo singolo uscito, è quasi come una fotografia scattata alla realtà di oggi.

“Questa è l’era delle finte connessioni..”, se escludiamo l’intro dell’album, queste sono le parole che aprono Palingenesi. Sono subito tracciate le coordinate spazio temporali del momento storico che viviamo. Un momento per certi versi folle, dove la tecnologia e i social media hanno sopraffatto le nostre vite. L’essere umano ha perso il contatto con sé stesso e con la realtà, non sa più come comunicare con il mondo esterno o come esternare i propri sentimenti. In questo scenario l’alienazione dell’uomo da sé stesso è sempre più evidente.

Per noi è stato importante iniziare il disco con questo brano, un po’ come è importante conoscere da dove si viene per sapere dove si vuole andare.

I Sentieri del CAI spiega proprio dove vogliamo andare ed invita chiunque ne abbia voglia a seguirci o a seguire sé stesso verso quella direzione. È una direzione nuova, nelle rime e nei suoni – musicalmente parlando – e nelle scelte e negli obbiettivi, parlando in termini di crescita individuale. I Sentieri del CAI, come espresso anche dalle immagini del video, rappresenta la scalata della vita, il percorso, la ricerca. Arpanet e i sentieri del CAI sono stati scelti come primi singoli perché rappresentano il contrasto tra ciò che è ciò che si vuole diventare. Una premessa necessaria e fondamentale per una rinascita.

Come avete iniziato la collaborazione con Squarta e Gabbo dei Cor Veleno?

Mister T: Il più grande aneddoto riguardante la collaborazione con Squarta e Gabbo sta forse proprio nel primissimo approccio che abbiamo avuto su questo disco.

Circa un anno e mezzo dopo l’uscita di Amor&Odio, chiamai Francesco (Squarta) al telefono per cercare consenso e appoggio da parte sua nella composizione di un intero album con i Romanderground.

In quel momento era impegnato alla lavorazione del nuovo album dei Cor Veleno. Fu lì che mi disse “è davvero un caso che ti abbia risposto al telefono, ho appena finito di ascoltare il master del nuovo album dei Cor Veleno”. Continuò dicendomi che se lo avessi chiamato solo un mese prima per fargli una proposta di collaborazione, non lo avrei mai trovato disponibile e un mese dopo sarebbe stato troppo preso dalla preparazione del lancio del nuovo album dei Corve.

Insomma, quel preciso istante, alla fine dell’ascolto del master finale, sembrava essere stato il momento perfetto e non solo … parlando al telefono entrambi ci siamo resi conto che quella telefonata avveniva, il “Primo” di Agosto, senza alcuna premeditazione e senza neanche farci caso quando lo chiamai. D’estate i giorni sono tutti uguali. Ma quel giorno era il “Primo” del mese. Tutte coincidenze? Per noi di certo no ed evidentemente anche lui era convinto che quella chiamata in quel giorno non fosse un caso e che avrebbe portato a qualcosa di speciale.

Oggi possiamo affermare che è stato proprio così. Dopo quella telefonata abbiamo iniziato a vederci spesso. Due o tre volte al mese eravamo a Fidene al Rugbeats Studio, lavorando al disco, ascoltando musica, scrivendo rime, suonando tastiere e bassi per quasi 3 anni. 3 anni alla ricerca del sound perfetto, almeno per noi. Lavorare insieme a Squarta e Gabbo è stata un’esperienza molto bella e accrescente. Prima di allora eravamo conoscenti, colleghi con un grande rispetto reciproco. Oggi siamo grandi amici.

La title track insieme a Hyst è un piccolo capolavoro motivazionale. Ad un certo punto viene detto: “non devi guardare dove guardano tutti”. Io qui ci vedo più significati, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi.

Prisma: Sono contento se questo passaggio può assumere significati diversi e penso che in base al proprio background, a seconda dell’ascoltatore, la chiave di lettura possa sempre cambiare.

In questo caso, la frase completa è: “Anche se la fuori sono tempi brutti, non devi guardare dove guardano tutti”. Una frase motivazionale che incita a credere e a guadagnarsi una visione più positiva, rispetto a un mondo che troppo spesso ci annienta.

In questa realtà così caotica, in cui tutti siamo immersi, alle cose belle bisogna davvero farci caso!Non guardare dove guardano tutti, significa avere il proprio punto di vista.

Eterna Jam, mi fa venire voglia di chiedervi come è cambiato l’Hip Hop rispetto a quando avete iniziato voi.

Mister T: Rispetto a quando abbiamo iniziato ovviamente il cambiamento è enorme. Sono cambiate tante cose, è cambiato il paese, è cambiato il linguaggio, la mentalità, è cambiato il modo di dare informazioni e la capacità di assorbirle, quindi è cambiata la musica.

Il cambiamento fa parte delle nostre vite, è assolutamente normale che le cose cambino e continuino a cambiare. Se restasse tutto fermo ed immobile sarebbe strano. Per alcuni sarebbe più comodo e semplice forse, ma se non ci fosse cambiamento, non ci sarebbero nuovi stimoli. Senza nuovi stimoli e senza cambiamento le cose smettono di esistere e muoiono. Perciò è meglio un Hip Hop cambiato piuttosto che un Hip Hop morto. Perché diciamolo: l’Hip Hop non è morto, è vivissimo!

La musica vive e si evolve e ciò sta avvenendo anche per la musica hip hop. Certo sarebbe bello vedere più artisti a 360°e con la A maiuscola nel nostro paese, come ce ne sono tanti in giro per il mondo, ma su quello purtroppo siamo un po’ vincolati dalla mentalità superficiale e – discograficamente parlando – di “plastica” che affligge l’Italia.

Tutto ciò è intorno a noi, non lo si può cambiare, ma si può cercare di trovare un modo per coesisterci. Si può costruire giorno dopo giorno la propria strada, percorrerla e fare in modo che arrivi a più persone possibili. La prima cosa è essere fiduciosi e non smettere mai di crederci, la seconda è non farsi condizionare o sopraffare negativamente da quegli aspetti del cambiamento che non ci piacciono. In poche parole al cambiamento esterno va data la giusta importanza, nel bene e nel male. La cosa più importante su cui concentrarsi invece resta la propria dimensione artistica, avere ben chiaro in quale direzione si vuole andare e quali cambiamenti necessari apportare per la propria evoluzione musicale.

Back in the days. Come vi siete conosciuti?

Mister T: Beh io e Sandro siamo fratelli di sangue, ci conosciamo praticamente da sempre e abbiamo deciso di formare i Romanderground nel 2008, in un periodo in cui entrambi eravamo estremamente motivati a voler scrivere testi rap e a suonarli dal vivo.

All’epoca nell’ambito rap era molto più comune la nascita di gruppi e crew che non di solisti, come avviene invece oggi, e noi non abbiamo fatto eccezione. La “crew” è il gruppo, l’hip hop è collettività e aggregazione.

Il gruppo “rappresenta” ideali, valori, concetti della cultura hip hop e li porta avanti attraverso le proprie canzoni ed album. Ecco perché per noi era importante al tempo creare un nuovo gruppo hip hop a Roma tra le tante realtà che già c’erano e quelle che stavano nascendo.

L’incontro con dj Snifta è avvenuto qualche anno più tardi, nel 2013. Inizialmente dj Snifta sostituì per un paio di live il nostro primo dj, dj Pitch, che si stava sempre più allontanando dal gruppo. Ci è voluto veramente poco per capire quanto Snifta fosse affidabile e preparato dal punto di vista tecnico; ed ancora meno perché ci legassimo come fratelli sul palco e nella vita. Sergio è un fratello acquisito e da 10 anni è uno dei punti fermi del nostro gruppo, senza di lui non ci sarebbero i Romanderground.

Selene Luna Grandi

Italian journalist, creative and public relator. I moved to London in 2015 after several years of experience as war correspondent for some Italian Newspapers. I write, promote and I'm involved in projects about Medicine, Health, Urban cultures, Environment.

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