Kento: Te lo dico in rap è il manuale che ti insegna a fare rap! Intervista
Te lo dico in rap è il primo libro in Italia sul Rap e sulla cultura Hip-Hop dedicato ai ragazzi, con tecniche, consigli e segreti del mestiere raccontati da Kento. Un progetto assolutamente innovativo che molto può fare per i giovanissimi che vogliono confrontarsi con la cultura hip hop e con la stesura di un testo rap.
Te lo dico in rap è un vero e proprio manuale rap dedicato ad un pubblico di giovanissimi/e, cosa ti ha spinto nel volerlo realizzare?
Prima di tutto la considerazione che un libro del genere non c’era. Negli Stati Uniti abbiamo numerosi esempi di editoria Hip-Hop dedicata ai più piccoli, mentre in Italia c’era questa lacuna che mi è sembrato necessario colmare. Dall’altro lato, i bambini e i ragazzi più giovani crescono sicuramente immersi nel rap e in altre forme di espressione derivate, più o meno fedelmente, dalla cultura Hip-Hop, ma spesso non hanno idea della storia di questa cultura, delle sue radici sociali. E, visto che è una storia bellissima e significativa a vari livelli, mi è sembrato doveroso colmare anche questa lacuna: chi conosce l’Hip-Hop sicuramente si arricchisce a livello personale, e sarà in grado di difenderlo contro certe stupidaggini e aberrazioni che si vedono e sentono in giro.
In un periodo nel quale su internet impazzano video e contenuti diseducativi spesso riconducibili al rap, seppur in maniera erronea, credi che il tuo libro possa esser visto con diffidenza da parte di genitori o educatori dei più piccoli?
Te Lo Dico In Rap è un progetto che ho affrontato con convinzione e umiltà allo stesso tempo. Convinzione perché ho dedicato tutta la mia vita a studiare e amare la cultura Hip-Hop, e quindi ne parlo con cognizione di causa, tenendo ben presente che sarò sempre uno studente di questa materia e le cose che non so rimangono molte di più di quelle che so. Umiltà perché – pur avendo spesso a che fare con i ragazzi nei laboratori che tengo in giro – era la prima volta che scrivevo qualcosa di specificamente dedicato a loro. Ecco perché ho ritenuto indispensabile lavorare insieme ad un editore specializzato in libri per ragazzi. Da questo punto di vista, il team de Il Castoro è una delle realtà più autorevoli a livello nazionale e mi ha seguito nella stesura del testo in modo veramente insostituibile. Quindi penso che ci siano entrambi gli ingredienti: la knowledge e la delivery, per usare due termini cari a noi rapper. Certamente la diffidenza da parte degli adulti ci può essere, fa parte del gioco. Ma a loro vorrei dire in maniera molto chiara che non puoi davvero conoscere e interpretare la realtà contemporanea se non conosci il rap almeno nelle sue basi espressive e nei suoi codici.
Permettici di dire che per la realtà italiana “Te lo dico in rap” è un progetto davvero rivoluzionario, perché posto in un periodo nel quale i giovanissimi, sempre più spesso, si approcciano al rap dimenticandone le radici. Quanto è importante per te la denuncia social all’interno dei testi e quanto questo libro potrà aiutare i più giovani ad imparare a veicolarla nelle rime?
Ogni microfono messo in mano ai ragazzi ha un potenziale esplosivo. Già da piccoli sono inquadrati in istituzioni – scuola, famiglia, attività sportive o altri gruppi tipo scout e parrocchie – e ciò è ovviamente giustissimo e importante a livello sociale, ma altrettanto importante secondo me è una vera e propria educazione all’espressività anche quando questa sfocia nel dissenso e nella critica, perché non c’è progresso senza dialettica. Detto in maniera più semplice: a me interessa dare uno strumento ai ragazzi, e insegnare loro come usarlo in maniera forte ed efficace, che vuol dire anche caricarlo dei contenuti più significativi. E, da questo punto di vista, non deludono mai.
Non è sicuramente la prima volta che la tua arte diventa un mezzo per permettere ai giovani di incontrare e conoscere la cultura Hip Hop. Data la tua esperienza in merito, prendendo in considerazione il gap generazionale che oggi sembrerebbe esserci tra le generazioni precedenti e l’attuale, quale pensi possa essere l’anello di congiunzione tra i più giovani e questa cultura?
Sicuramente aiuterebbe cominciare a considerare il movimento Hip-Hop appunto come un movimento e non come un elenco di singoli artisti, addetti ai lavori e semplici ascoltatori: spesso contrapposti e schiavi ognuno della propria personale miopia. Uniti siamo più forti che divisi. Ma questa, purtroppo, non è una battaglia che vinceremo domani né a breve. Storicamente, il rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni di Hip-Hopper italiani oscilla tra lo snobismo tipo “voi ragazzini siete tutti sucker” e il “tutto ciò che nuovo è bello” di chi vuole fare il gggiovane a tutti i costi. Semplicemente, dobbiamo smettere di trattare i più piccoli come scemi o come guru, a prescindere e solo sulla base dell’età. E, ovviamente, non farci trattare così neanche noi più grandi. Gli intelligenti e gli scemi nascono ogni anno, ve lo posso garantire.
Immaginiamo che ti sia posto degli obiettivi o delle aspettative per questo progetto, se si quali?
La prima aspettativa purtroppo è in standby, perché era di portarlo in giro per festival, scuole e eventi
vari. Avevamo davanti un bellissimo calendario molto fitto, che ovviamente è andato a farsi benedire. Dal
punto di vista delle vendite online il riscontro è straordinario, siamo molto in alto nelle classifiche di
settore un po’ dovunque, ma chiaramente non so quanto sia un dato attendibile finché le librerie sono
chiuse e l’unico modo di comprare libri è ordinarli su internet. Sicuramente è raggiunto un altro obiettivo
che mi ero dato, che era quello di portare attenzione sul fatto che anche in Italia l’Hip-Hop può parlare a tutti e con tutti gli strumenti: fino a qualche anno fa se avessi proposto a un editore un libro rap per bambini forse sarei stato guardato come un alieno, mentre adesso è tutta un’altra musica. Nell’attesa che l’emergenza finisca, cerco di usare al meglio gli strumenti tecnologici e di interagire con i miei lettori nel modo più approfondito possibile. Ma inutile girarci intorno l’emozione e il coinvolgimento di farlo di persona è tutta un’altra cosa.
Cosa possiamo aspettarci da questo libro? Potrebbe essere la prima parte di un progetto ancora più ampio?
Come ti accennavo sopra, i primi risultati sono molto incoraggianti a livello di numeri, quindi è chiaro che stiamo parlando con l’editore del futuro e di ampliare il progetto. E, avendo molto tempo libero a disposizione come tutti, lo sto passando a scrivere cose nuove… oltre che a studiare, perché ho avuto la pazza idea di ri-iscrivermi all’università e sto seguendo i corsi online! Per ora non vi dico altro.
Visto il periodo che tutti noi stiamo vivendo, ti chiediamo di lasciarci con un auspicio che valga per tutti i ragazzi che oggi nel rap trovano una via di fuga, anche grazie al tuo nuovo libro.
Prendetevi il meglio da questo periodo difficile. Usatelo per raccogliere energie e per affilare le vostre armi intellettuali. Appena finisce il casino, andiamo insieme a riprenderci le strade.
AUTORE
Francesco “Kento” Carlo è un rapper, attivista e scrittore di Reggio Calabria, nato nel 1976. In parallelo alla sua carriera musicale, insegna dal 2009 in vari carceri minorili, scuole e comunità di recupero, tenendo laboratori di scrittura e musica per i ragazzi a rischio. Per la sua attività social attraverso la musica ha vinto il premio Cultura Contro le Mafie nel 2014, mentre nel 2017 è stato premiato da Casa Memoria. Impastato e ANPI. È membro della LIPS-Lega Italiana Poetry Slam. È autore degli album Sacco o Vanzetti (2009), Radici (2014) e Da Sud (2016). Il suo primo libro, Resistenza rap, è stato tradotto in inglese e pubblicato negli Stati Uniti nel 2018.
ILLUSTRATORE
AlbHey Longo, classe 1993, vive a Torino dove lavora come fumettista e illustratore. Esordisce nel 2016 con il graphic novel La quarta variazione, seguito nel 2019 da Sfera, BAO Publishing.